The boys, una recensione sotto doping

recensione loop

 

Il paradigma del super eroe è stato un pretesto per parlare di tanti tormenti umani.

L’impotenza di fronte a problemi globali, i tormenti di adolescenti disadattati,

la ricerca della propria identità al di fuori di una normalità borghese. Ma nel caso di The Boys il tema supereroistico si fonde con una chiara critica ad un certo tipo di mondo.

Quello degli affari, dello spettacolo, della costruzione di un’immagine, dei divi da social.

Quel mondo fatto di grossi capitali, manovre manipolatorie della credulità degli spettatori.

Questo non vuol dire che i super poteri siano fasulli, anzi, purtroppo sono veri e

enormemente pericolosi, soprattutto perché gestiti da una compagnia che ne detiene i diritti.

Affari, di questo si tratta, e il “superuomo” diventa un business abilmente amministrato.

Il mercato lo ha fagocitato e lo ha reso un altro mezzo per irretire le masse e 

amplificare capitali.

I volti scelti per interpretare i protagonisti, poi, sono i più azzeccati possibili,

meglio di quelli del fumetto da cui nascono.

Patriota, un misto di Superman, Captain America e Hannibal Lecter, campeggia come 

un faro nero su tutto il pantheon dei super. La sua risata mette i brividi a chi conosce 

cosa si nasconde dietro tutta la sua serie di frasi fatte e di mossette da divo.
Un cattivo coi fiocchi ed ebbro di una invincibilità pressoché totale.

Pazzo fin nelle più intime fibre e bello come un dio greco.

I boys, invece, un gruppo di reietti votati alla guerriglia e alla sopravvivenza a tutti i costi

dovranno vedersela con le peggiori scene splatter e i sotterfugi più disparati per riuscire a

rimanere a galla tra un disastro e l’altro.

La seconda stagione, ora su Prime Video, viene somministrata col contagocce ed i fan

trepidano per la sorte di Butcher, Hughie, Milk e Frenchie.

Braccati dai 7, forse meglio dire 6, super più potenti della terra.

 

vedi anche
https://www.imdb.com/title/tt1190634/