La P.A. italica e Kafka

Pubblica Amministrazione kafkiana, vignetta satirica di Ben Bestetti: come complicare la vita ai cittadini con giri di denaro e passacarte
Disegno di Ben Bestetti
Pubblica Amministrazione da romanzo

Come inermi di fronte alla Pubblica Amministrazione. Nel romanzo di Franz Kafka ‘Il Processo’ è inserito un racconto breve, pubblicato antecedentemente con il titolo ‘Davanti alla legge’, nel quale un contadino finirà per morire innanzi al portone di ingresso del palazzo della legge, perché non aveva trovato, né poteva trovare, le modalità giuste per convincere il guardiano a farlo entrare. E’ la stessa situazione nella quale si trova il cittadino italiano nei confronti della Pubblica Amministrazione.

I numeri ci dicono che i dipendenti pubblici italiani sono più o meno gli stessi delle altre grandi nazioni europee (intorno al 13-14% della popolazione attiva). Ma la burocrazia italiana si colloca al penultimo posto in Europa per qualità ed efficienza, preceduta addirittura anche dalle repubbliche ex sovietiche, con il penultimo posto assoluto per la Calabria nel confronto tra regioni europee, superata solo dallo Severozapaden bulgaro (da CGIA 2019). Da cosa dipende questo aspetto della Pubblica Amministrazione italiana? Proviamo ad analizzare.

Alcuni punti sulla P.A.
  • Politica e burocrazia. Spoil system: in alcun stati (ad es. USA) è invalso l’uso dello spoil system, con cambiamento automatico dei vertici burocratici al cambiamento dei vertici politici. In Italia vi è uno spoil system parziale che riguarda le presidenze e direzioni generali di grandi Enti (Inps, Agenzia Entrate, Inail, ecc..), e di realtà locali (Segretari comunali). Quello totale è stato bocciato dalla Corte Costituzionale (sent. 390/2008), che però recentemente ci ha ripensato, cominciando ad ammetterlo per i Segretari Comunali (sent. 23/2019) e per le figure apicali (sent. 20/2019). Dunque, grande è l’indecisione che regna in campo giuridico.  La tendenza fagocitaria della politica italiana approfitterà di queste aperture; ma forse potrebbe essere un bene ristabilire un rapporto stretto tra politica e burocrazia, con la conseguenza di sottoporre al giudizio degli elettori anche la conduzione burocratica, e stimolare gli enti pubblici a maggiore elasticità ed efficienza.
  • Normativa burocratica. In un’intervista televisiva di qualche anno fa, l’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni (già Governatore della Banca d’Italia) disse che le Circolari degli Enti pubblici sono sempre più restrittive delle leggi; ed è facile a comprendersi tenendo conto della connaturata tendenza autodifensiva dei massimi dirigenti, che temono censure dai politici e accuse per danno erariale. Ma è possibile una normativa secondaria più aperta e flessibile, senza danni per i dirigenti che la promuovono? Alla politica la risposta.
  • Occorre dire che la carriera interna dei dipendenti avviene quasi sempre per merito; naturalmente si tratta del merito limitato che è concepibile in una PA che fa poca formazione generalista, concentrandosi soltanto su quella tecnica specifica: dunque un merito fondato sulla sola conoscenza delle norme e procedure interne, senza alcuna valutazione delle vere capacità produttive e proattive.
  • Cultura burocratica. È notoria la profonda assimilazione dei dipendenti pubblici del proprio status privilegiato, con adesione totale alle logiche e dinamiche interne dell’ufficio, ignorando ogni altra esigenza esterna che non sia codificata in circolari, il cui rigoroso rispetto è preteso sopra ogni cosa, essendo l’unico effettivo parametro sul quale verificare il comportamento del dipendente.
Che fare? Almeno tre cose
  1. Occorre introdurre dei sistemi di controllo efficaci dell’attività burocratica, non affidati ai dirigenti o funzionari interni, né ad altri controllori pubblici dipendenti di altre PA o di derivazione governativa. Dunque una vera customer satisfaction affidata ai cittadini utenti, il cui giudizio deve prevalere su ogni altro, con effetti diretti sullo status dei dipendenti, e in primis dei dirigenti, fino al loro licenziamento in caso di ripetute inefficienze.
  2. I dirigenti e funzionari devono poter avere una maggiore flessibilità operativa, sia pur sottoposta a continua verifica, che però consenta loro di superare ogni rigidità interna del sistema al fine di poter realizzare le economie procedurali che alleggeriscano i percorsi labirintici burocratici.
  3. Occorre una formazione continua di tutti i dipendenti pubblici. Ma una vera formazione, che contestualizzi il lavoro del dipendente della Pubblica Amministrazione nell’ambito della società. Diceva Epitteto: “E’ difficile per un uomo imparare ciò che crede di sapere già”; ed è questo blocco che è necessario rimuovere nei dipendenti pubblici, riformando in loro la cultura del servizio pubblico.

 

ALESSANDRO CALABRÌA 31 Articoli
Laurea in Giurisprudenza alla Cattolica di Milano, avendo prima studiato Filosofia. Scrittore di narrativa e teatro, avvocato civilista esperto in diritto previdenziale, assicurazioni sociali, diritto del lavoro, delle successioni e della famiglia). Consulente sindacale.