Pensieri oziosi su Raffaello, nei 500 anni dalla morte

fotografia della tomba marmorea di Raffaello Sanzio in Roma al Pantheon sormontata la scultura in marmo chiaro de La Madonna del Sasso opera di Lorenzetto allievo del maestro
Tomba di Raffaello al Pantheon, Roma, sormontata dalla scultura La Madonna del Sasso del suo allievo Lorenzetto

Lo sguardo di Raffaello

UGO LA PIETRA

Ho sempre cercato di capire lo sguardo di Raffaello nel suo ormai famoso autoritratto.

Ci guarda, mi guarda.

Il suo sguardo non sembra mostrare l’energia con cui ha saputo affrontare le grandi opere come “La scuola di Atene” e “Lo sposalizio della Vergine”.

È dolce il suo sguardo, come sono dolci le linee morbide delle sue Madonne, dei suoi bambini Gesù e dei paesaggi di sfondo alle figure.

I capelli gli arrivano alle spalle, il viso è un ovale allungato, il profilo di tre quarti ha uno sguardo mesto, di chi non è felice.

Secondo me si compiaceva di trasmettere un’immagine dolce, rassicurante, per accaparrarsi le simpatie dei suoi committenti e disarmare gli artisti concorrenti.

 

 

Autocontrollo e ammirazioni

MILOT MIRASHI

 Grande valore e grande gentilezza d’animo e anche eleganza. Mi ha sempre attirato il rapporto diretto o indiretto tra Raffaello e gli altri due colossi, Michelangelo e Leonardo. Lui il più giovane  dei tre, a distanza di 8 anni da Michelangelo e di 20 da Leonardo col quale forse non si incontrarono mai. Ma Raffaello aveva frequentato molto e intensamente le opere degli altri due e gli va a merito avere sempre riconosciuto la loro grandezza, anche se puntualmente consapevole della propria

Ho sempre immaginato i possibili colloqui tra lui e Michelangelo, quest’ultimo schivo e quasi introverso e lui gentile e quasi  salottiero. Aveva saputo coltivare con la stessa intensità il senso della rivalità e dell’ammirazione per Michelangelo, tanto da rappresentarlo tra i protagonisti della Scuola di Atene. Proprio vero che i grandi sanno superare l’istintiva gelosia. Facile dire che, dichiarato o no, i due più vecchi artisti non potevano non avere un briciolo di invidia per Raffaello a causa degli incarichi che, pur giovanissimo otteneva a Roma, sia con con l’appoggio di Bramante.

Forse poteva riuscire interessante, anche sotto il profilo internazionale, se l’Europa si fosse ascritta una grande celebrazione dell’Urbinate. Ma ci ha pensato l’Italia, ovviamente. Chi fa pittura , ha e avrà sempre da imparare da lui, fosse anche lontano dalla sua poetica.

 

 

Nel  Panteon, divino fra i divini

ARIEL SOULÉ

Dopo cinquecento anni ancora non si è spenta l’eco della morte di Raffaello, il più grande, il più bello, il più gentile e colto degli artisti.

E ancora ci si chiede perché la morte se l’è portato via ancora così giovane. A sentire Vasari è stato un eccesso di attività sessuale.

Per qualcun altro tutto è da imputare a un avventato salasso che ne ha provocato una forte caduta di pressione.

Ci consola il fatto che negli ultimi istanti gli è rimasto impressa negli occhi la meraviglia del suo ultimo capolavoro, la Trasfigurazione.

Raffaello l’ha voluto accanto a sè nel momento del trapasso. Nessuno prima di lui era riuscito a collegare i diversi livelli iconografici senza perdere il controllo della rappresentazione dei singoli personaggi traducendo in immagini testi di straordinaria complessità.

 

 

Lo Sposalizio della Vergine

CARMELO STRANO

Tra le poche opere al mondo che mi hanno costretto a un rimando continuo tra due registri: l’impianto razionale della costruzione e dell’architettura che vi insiste e il leggero sommovimento delle figure. Inoltre, l’atmosfera quasi metafisica percorsa da fremiti impercettibili. Elementi che ti imbrigliano la mente e l’emotività contemporaneamente. E se vuoi tuffarti nell’analisi, chiaro che ce la farai, ma non sarà facile. Il racconto, sereno e incisivo, ti scorre davanti agli  occhi come al rallentatore, ma non ti fa perdere il principio del centro variamente ribadito negli scomparti lungo le profondità narrative. È come  se Raffaello sia incorso in un lapsus, cioè nella sottile tentazione di un qualche senso di pluricentralità.

Dirlo classico, e basta, è limitante. Soprattutto, gli sottrae giustizia in rapporto a quella che diremmo la maggiore libertà di visione, o modernità, di Leonardo e Michelangelo, indipendentemente dallo sfumato del primo e dal non finito del secondo. Certo, da questo punto di vista, morire a 37 anni non consente di avventurarsi in ipotesi sul suo proseguimento.