Pacifismo, smilitarizzazione e altri sogni impossibili

Pacifismo, smilitarizzazione e altri sogni impossibili
John Christen Johansen (1876-1964), Firma del trattato di Versailles, 1919 (particolare). Photo by cliff1066™ on Flickr, pubblico dominio

Il cammino accidentato del pacifismo moderno

Nel clima infuocato della guerra ucraina è riemersa la secolare diatriba fra pacifisti e sostenitori della necessità delle armi. Il pacifismo moderno politicamente nacque alla fine della Grande Guerra con i suoi dieci milioni di morti. Fra le deliberazioni di Versailles c’era quella di istituire una Commissione per il Disarmo, che effettivamente si riunì negli anni successivi. Anzi, per essere più precisi, il quasi totale disarmo della Germania ex guglielmina, doveva essere il primo passo di un addio alle armi planetario. Come sappiamo le cose andarono diversamente e gli orrori della Seconda Guerra Mondiale di lì a poco avrebbero fatto apparire quelli della Prima come una specie di prova generale. Seguirono iniziative finalizzate più che al disarmo alla limitazione degli armamenti nucleari, con qualche risultato. Ma complessivamente gli Stati – antichi e moderni – non rinunciarono ad accrescere i loro arsenali con armi sempre più drammaticamente efficaci.

Le armi moderne sono collegate a enormi interessi economici

Il pacifismo radicale si trova oggi in grandi difficoltà. Il diritto a difendersi comporta il mantenimento di costosissimi apparati militari che sono forniti dai sistemi produttivi dei maggiori Paesi industrializzati. La diplomazia è sempre al lavoro sotto traccia. Ma quando la determinazione bellicista, anche di uno dei Paesi in conflitto, rende impossibile la risoluzione pacifica di una controversia internazionale, la parola passa inevitabilmente alle armi. Nel caso russo – ucraino appare evidente che le ragioni di politica interna del Cremlino giocano un ruolo fondamentale nella prosecuzione della guerra. L’avventura militare distrae l’attenzione dei cittadini dal fallimento nello sviluppo sociale e civile della Russia negli ultimi venti anni.

La forza del diritto internazionale va sostenuta con le modalità necessarie

La dura necessità degli eserciti può essere esemplificata dall’estensione a una collettività del principio della difesa dei diritti individuali. Si può essere certi che essi vengano rispettati solamente se esistono forze di polizia e organi della magistratura che minacciano perennemente di punire i trasgressori. Il rispetto delle norme è garantito, sia pure in ultima istanza, dall’uso della forza che tutela le vittime. Lo stesso si può dire delle relazioni internazionali. L’espressione «polizia internazionale» nacque proprio al Congresso di Versailles, al termine della Grande Guerra. I Paesi vincitori avrebbero dovuto farsi garanti del mantenimento della pace, come la polizia garantisce il mantenimento del diritto. Purtroppo neanche la coscienza di questo dato di fatto ha evitato i successivi conflitti.

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GIOVANNI CARUSELLI 216 Articoli
Collaboratore di case editrici italiane (Einaudi, Rizzoli, Vallardi, Diakronia, etc.) per testi di storia e filosofia. Autore di saggi, "Il Pci da Gramsci a Occhetto", "Cento anni di storia lombarda" (con altri), "La memoria e le notizie" (con altri).