Mystery shopper

Su uno sfondo bianco si staglia un pomodoro rosso sulla cui cima è poggiata la miniatura stilizzata di un uomo nell'atto di spingere un carrello della spesa

Visita punti vendita di aziende top come un cliente qualsiasi. Durante la visita, è armato di smartphone, tablet e taccuino, quest’ultimo utilissimo per annotare tutti gli step dell’indagine appena uscito dal punto vendita, magari sorseggiando in un bar (non troppo) vicino un caffè o un succo di frutta. Signore e signori, ecco a voi il mystery shopper: il cliente misterioso che, in base a una dettagliata pianificazione dei negozi affidatagli dalla società di ricerche di mercato con la quale collabora, si reca nella catena X per verificare tutto ciò che deve essere analizzato dallo scenario. Scenario che deve essere studiato in ogni dettaglio il giorno prima di ciascuna visita al fine di essere memorizzato al meglio. Il brief viene descritto dal field manager che si occupa di quello specifico cliente. 

Il mystery deve sapere, quindi, cosa deve rilevare. Oltre alla durata della visita (si indica sempre l’ora di entrata e l’ora di uscita) che non deve essere mai inferiore a venti minuti, lo shopper deve avere una buona capacità di osservazione. I pavimenti del punto vendita devono essere puliti e non vi devono essere scatole che ingombrano il passaggio dei clienti; non devono esserci buchi espositivi, ovvero gli scaffali devono sempre essere ordinati con la merce suddivisa per tema e colore. Se si tratta, per esempio, di smartphone, nel caso in cui sia presente il cartellino del prezzo ma sul piedistallo manca il relativo telefonino, occorre prendere subito nota del modello mancante. Molto importanti anche le aree dedicate a uno specifico brand: oltre a verificare l’ordine e la pulizia, come la mancanza di impronte, occorre rilevare se, di quella marca, sono esposti i modelli X, Y, Z indicati nello scenario. Se questo lo prevede, è fondamentale soffermarsi anche nell’area del concorrente per fare un confronto (molto spesso il questionario finale chiede quale delle due aree è più visibile). 

Solo dopo aver verificato tutti questi aspetti, il mystery shopper può rivolgersi a un addetto vendita facendo la richiesta specifica indicata nello scenario. E qui entra in gioco la memoria, in quanto occorre prendere nota mentalmente delle sue risposte onde verificare la conoscenza di quel prodotto/servizio specifico, delle sue differenze rispetto ai competitor principali e della sua storia (quando e dove è stato fabbricato, la sua filiera distributiva, etc.). Anche le caratteristiche fisiche dell’addetto vendita si rivelano fondamentali per la riuscita di una buona visita, come sesso, età presunta, altezza, colore degli occhi, colore dei capelli, se indossa occhiali oppure no ed eventuale nome scritto sul badge. Questi dati sono utilissimi alla casa madre non solo per riconoscere l’addetto, ma anche per mettere alla prova la sua competenza durante la consulenza.  

Terminata la visita, dopo aver ripassato mentalmente se tutte le fasi dello scenario sono state interpretate correttamente (il mystery è anche un po’ attore), occorre fare una foto del punto vendita per dimostrare all’azienda con la quale si collabora che il lavoro è stato effettivamente portato a termine nel negozio corretto indicato nel questionario (nella maggior parte dei casi lo dimostra la geolocalizzazione abilitata sullo smartphone). Ma il lavoro non finisce qui. Armato di taccuino ben nascosto nella borsa, lo shopper misterioso scrive subito ciò che l’addetto vendita gli ha comunicato quando ha fatto la sua richiesta; in seguito, compila un questionario che successivamente la società di ricerche di mercato inoltrerà all’azienda cliente. Eventuali criticità e non conformità nel processo di proposizione di quel determinato prodotto/servizio saranno le tematiche affrontate durante percorsi formativi ad hoc rivolti alla forza vendita.