Lo stato tedesco vuole essere azionista delle imprese salvate

La foto mostra la sede dell'American Stock Exchangge building, un edificio grigio in stile Art decò, pieno di finestree con una bandiera statunitense appessa ad un pinnacolo al centro

La Germania non ha partecipato alla rivoluzione industriale dell’high tech. Gli USA sono i protagonisti incontrastati.

L’espansione delle produzioni nell’Est Europa e in Cina sono state attraenti per la redditività degli investimenti sul medio periodo ma hanno distolto i grandi e medi gruppi industriali tedeschi dalla gara che veramente contava, quella della rivoluzione tecnologica made in USA.

Si sono aggiunti una quotazione molto bassa dell’Euro contro dollaro e una efficacissima deflazione fiscale inventata dal cancelliere Schroeder.

Gli industriali hanno perso gli stimoli storici a cercare ossessivamente un aumento di produttività e il miglioramento del prodotto. Sono stati accecati da calcoli immediati. Le capitalizzazioni borsistiche dicono tutto.

Il confronto tra il DAX, i titoli quotati a Francoforte, con quelli dei gruppi tecnologici americani mostra l’errore clamoroso in cui i dirigenti industriali e i grandi azionisti sono caduti.

Un esempio per tutti, la sommatoria dei tre più importanti gruppi automobilistici tedeschi è pari a una frazione di una qualsiasi di titoli FAANG, Facebook, Alphabet, Amazon, Netflix.Con il valore di Apple ci si può comodamente comprare buona parte del Dax.

Come è potuta capitare una disavventura di questa portata alla Germania che, alle rivoluzioni industriali del vapore, motore a scoppio, elettrico, aveva partecipato da protagonista?

L’erede di terza generazione di una delle grandi case automobilistiche, la BMW, sostiene che, visto il numero dei fornitori, le unità produttive, il numero dei dipendenti e gli utili, tutto quel darsi da fare non vale la pena. Per che cosa, per una redditività ridicola?

Ormai è successo, l’abbaglio dei successi industriali degli ultimi vent’anni è scomparso e tutti gli errori sono di fronte a tutti. Dalla crisi del 2019 non si esce come da quella del 2008.

Allora c’era ancora la Cina e la possibilità di incrementare in modo straordinario le esportazioni confermando il tradizionale modello tedesco. Ora non più.

I politici tedeschi sono obbligati a ricorrere a emissioni straordinarie di titoli del debito pubblico per salvare dalla recessione e dalle sue scelte sbagliate l’industria tedesca.

Finanziare il salto tecnologico è costoso. Sulle perdite nei bilanci, causa molti investimenti in Cina che ora valgono poco o niente, I politici sono giustamente indignati e pallidi di rabbia.

Questa delle scelte sbagliate è la ragione per cui lo stato non vuole essere più soltanto finanziatore ma anche azionista.