Lamborghini, dai trattori alle auto di lusso
C’è un episodio leggendario nella vita di Ferruccio Lamborghini, storico imprenditore emiliano delle quattroruote, nonché nonno della oggi (forse!?) più nota, Elettra.
Nel 1958 Lamborghini era un grande imprenditore nel settore delle macchine agricole, in particolare trattori. Per motivi di “vicinato” e di condivisa passione, l’Ingegnere acquistò nel 1958 a Maranello una Ferrari 250 GT, auto che a lui piacque moltissimo ma che non lo convinceva dal punto di vista meccanico, al punto che Enzo Ferrari condivise le sue perplessità e gli rispose: “Lamborghini, lei pensi a fare i trattori, che alle macchine ci penso io.”. Fu la provocazione sbagliata alla persona giusta: Lamborghini, risentito, da quel giorno differenziò la sua produzione e arrivò a concepire e mettere in strada alcune tra le auto più belle di sempre, come la Miura, fino ad arrivare ad oggi. Nacque lì la rivalità tra il Cavallino Rampante di Ferrari e il Toro Scatenato di Lamborghini.
Il comparto dei trattori si aggira sui tre miliardi ogni anno
Lamborghini era, però, da sempre, un costruttore di trattori. Ed è stato il simbolo di una serie di imprenditori che, specie nel Dopoguerra, hanno costruito le basi di una di quelle eccellenze, tutte italiane, che ancora oggi sono un vanto nel mondo: la fabbricazione di macchine agricole. Oggi è un nostro fiore all’occhiello: solo per i trattori il valore prodotto nel nostro Paese si aggira sui 3 miliardi di euro ogni anno.
L’industria italiana delle macchine agricole è riuscita a contenere i danni del Covid-19
A caratterizzare il settore è il forte investimento in ricerca e sviluppo e uno stretto collegamento con le filiere alimentari italiane ed estere che di fatto segna un ponte tra agricoltura e industria. Nonostante il Covid-19 l’industria italiana delle macchine agricole non ha perso colpi ed è riuscita a contenere, specie grazie alle esportazioni, i danni della pandemia.
Una nuova modalità di fruizione dell’EIMA di Bologna
FedeUnacoma, associazione di categoria del comparto, ha confermato che il fatturato di quest’anno, preveniente dalle domande estere, supererà gli 11 miliardi di euro. Dato positivo che si aggiunge a un trend di evoluzione che si manifesterà già a novembre nella ormai consueta rassegna espositiva delle macchine agricole, l’EIMA di Bologna, che cambierà formula, diventando una rassegna digitale (la Eima Digital Preview, EDP) rappresentando una “prima volta” non solo per il settore ma per tutto il mondo delle fiere in Italia.
La mancanza di manodopera
Il fatto è che l’importanza dell’industria italiana delle macchine agricole non è così colta dalle nuove generazioni. Infatti si tratta di uno dei settori che più lamenta la carenza di giovani tecnici. Qualche anno fa è stato proprio un’imprenditrice, Liliana Carraro, della Carraro SPA, azienda leader nella costruzione di trattori, a denunciare il totale disinteresse dei giovani nei confronti di questo settore. Con il risultato che decine e decine di richieste di operai specializzati (e informatici) sono andati a vuoto da parte dell’Azienda. Oggi come non mai abbiamo invece bisogno che le nuove generazioni conoscano questo settore.
I musei di impresa
La bellezza dei nostri macchinari agricoli può ad esempio essere scoperta in alcuni musei “di nicchia”, ma che meritano una visita, magari proprio per raccontarne la storia ai giovani. Così l’archivio storico e Museo del trattore a Treviglio (Bergamo), che racconta la storia della SAME, azienda leader mondiale nella produzione di trattori, fondata nel lontano 1942. Ma anche il Museo del Trattore Agricolo “Angelelli” a Gualdo Cattaneo (Perugia). Così come il Museo “Ai Borghi” di Cortona (Arezzo). Sono ancora pochi ma raccontano una storia importante: quella di braccia rubate all’agricoltura per diventare cervelli, mani, ingegni che hanno costruito quelle macchine che letteralmente nutrono il nostro Made in Italy, a cominciare da quello che cuciniamo in casa.