Emergenza Covid-19: la moda ridisegna sé stessa

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Il blocco delle attività manifatturiere causato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19 ha avuto importanti ripercussioni anche sull’industria della moda, che ha assistito ad una significativa contrazione della produzione e si è trovata a far fronte ad un repentino ripensamento della propria funzione economica e sociale.

Stiamo parlando di uno dei settori più riconoscibili del “bello e ben fatto” italiano, vicino al raggiungimento del traguardo degli 80 miliardi di fatturato complessivo. Oltre l’1,3% del PIL italiano.

Gran parte delle imprese della moda in Italia ha risposto all’emergenza mettendo in atto importanti iniziative volte alla realizzazione e alla distribuzione degli indispensabili dispositivi sanitari, necessari al corretto svolgimento delle attività lavorative e, come noto, di scarsa reperibilità. Non abiti o accessori, bensì camici, mascherine, gel disinfettanti: il mondo tessile del Made in Italy ha compiuto una vera corsa solidale contro l’emergenza coronavirus.

La CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e delle piccole e medie imprese, ha lanciato una campagna per raccogliere le candidature delle aziende dell’industria tessile-moda, finalizzata alla realizzazione del tessuto non tessuto – TNT, prodotto industriale usato nell’ambito della teleria sterile – e a riconvertire le proprie produzioni in quelle di mascherine, camici ed altri materiali necessari al lavoro in sicurezza.

Il 23 marzo è stata Confindustria Moda, che rappresenta circa 66 mila imprese dell’eccellenza manifatturiera italiana, a lanciare un’ulteriore campagna per il rifornimento di TNT e di dispositivi medici per limitare la diffusione del Covid-19.

Grandi e piccole imprese hanno così risposto con ampia generosità alla richiesta di aiuto lanciata da istituzioni pubbliche e private. Il primo grande nome della moda italiana – il primo altresì a sfilare a porte chiuse durante la Milano Fashion Week il 27 febbraio – a rispondere all’appello è stato Giorgio Armani, con una donazione di oltre 2 milioni di euro, destinati all’attività della Protezione Civile e ai principali ospedali di Roma, Milano, Bergamo, Piacenza e Versilia.

Successivamente, con l’aggravarsi della situazione in Lombardia – e gradualmente in tutto il territorio nazionale – l’atelier Armani ha convertito i propri stabilimenti alla fabbricazione di camici monouso da donare a medici e personale sanitario.

L’iniziativa non è rimasta isolata: chi produceva abiti, ora realizza camici, chi produceva profumi, gel disinfettante. Bulgari nel suo stabilimento di Lodi ha avviato la realizzazione di oltre 200 mila flaconi di gel disinfettante per le mani da donare alle strutture mediche. Il gruppo Landini, marchio di abbigliamento formale per uomo, ha riconvertito il suo stabilimento alla fabbricazione di mascherine.

Da una parte la produzione di materiale sanitario, dall’altra le generose donazioni a ospedali e protezione civile. È il caso del gruppo Prada, che ha donato postazioni di terapia intensiva e rianimazione agli ospedali di Buzzi, Sacco e San Raffaele, tra i più colpiti dall’emergenza covid.

La Gucci comunity, ha lanciato la campagna di crowdfunding, illustrata dall’artista romano MP5, il cui claim, We are all in this together, è associato a un ragazzo che tiene la mano sul cuore in segno di solidarietà. C’è poi chi, come Dolce e Gabbana, ha scelto di sostenere la ricerca attraverso il finanziamento di uno studio dell’Humanitas University, o come l’atelier Burberry che finanzierà la ricerca dell’Università di Oxford per la scoperta di un vaccino.

È necessario segnalare infine, iniziative solidali portate avanti da realtà più piccole, come il laboratorio di design Talking Hands di Treviso, gestito da richiedenti asilo e migranti, che hanno iniziato a produrre mascherine artigianali, lavabili e riutilizzabili.

Insomma anche in piena crisi Covid-19 la creatività italiana non passa mai di moda. Si potrà ripartire anche da qui.