Il Pd e la “verità” della gente

Sono diverse le correnti all’interno del Pd. Sono diversi anche i nuovi satelliti (partiti) che gravitano intorno a quel partito. Qualcuno di essi, non ha vera simpatia per il Pd. Questo vale sicuramente per “Italia Viva” (data la storia del suo leader, Matteo Renzi, compresi i suoi recenti affairs con gli Emirati Arabi Uniti).

Quanto alle correnti interne sono mosse da personalismi o opportunismi. Questa è probabilmente la prima ragione per cui Enrico Letta, neopresidente del PD, mette al centro delle sue riflessioni il problema della “verità”. Se il Pd è, o dovrebbe essere, l’equivalente dei democratici statunitensi, allora la destra o le tre destre armoniche italiane (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) sono l’equivalente dei repubblicani d’oltreoceano. (E forse non è per caso che Renzi – che millanta interessi verso sinistra ma che ha sempre puntato a sfruttare la sinistra – è stato deciso nel chiamare il suo turbolento partitino “Italia Viva”, appunto per sim-patia di suono con il partito di Silvio Berlusconi e quello di Giorgia Meloni.

Tempi di revisione degli statuti, in area di sinistra. Oltre al Pd, analogo problema ha il (fu?) Movimento Cinque Stelle. E balza la profonda competizione. Sebbene il M5S sia ideologicamente più elastico del Pd, non può rinunciare ad una certa verve democratica, sia pure con venature o sopravvivenze populiste. In breve: Pd e M5S sarebbero le due sigle impegnate a favore della gente e quindi a reinventare se stesse a questo scopo. Ma non c’è dubbio che, per il suo background (a dispetto delle discontinuità) e per le figure in vista che vi militano, è dal Pd che la gente si aspetta di tornare ad essere al centro dell’attenzione della vita sociale, politica ed economica.

Ora, che all’interno del Pd ci siano correnti rampanti potrebbe essere fisiologico. Urgente è il problema di fondo: cosa vuole essere il Pd? Anche perché è stato proprio il mancato irrinunciabile aggiornamento della sua identità a determinare incertezze, sfilacciamenti, abusi e soprusi. Nell’andare in cerca di questa nuova “verità” (bello il riferimento fatto da Letta all’importanza della presenza dei giovani), cosa non secondaria è la capacità teorica, organizzativa di un leader carismatico. Adesso c’è. Il valore di questa presenza speciale (Enrico Letta) è, semiologicamente parlando, analogo a quello del presidente del consiglio Mario Draghi. Con queste premesse si può provare, e occorre farlo. La gente lo vuole, e non va illusa nelle sue aspettative. Peraltro il nuovo segretario ha dimostrato di avere idee chiare e decise sul rapporto apertura-chiusura. Nessuna chiusura, ma apertura in presenza di “verità”. Cosa sono d’altra parte queste piccole serpeggianti correnti? Se si mette al centro di tutte le problematiche la gente, con tutta la necessaria grande forza ideologica, statutaria e progettuale, i nodi vengono tutti al pettine. Le varie piccole correnti mantengano pure le proprie istanze, ma sulla base della seguente riflessione: devono essere, o devono diventare, omofone. Un esempio aiuta. In musica, il re bemolle (mezzo tono più basso del re naturale) e il do diesis (cioè mezzo tono più alto del do naturale) sono omofoni, cioè hanno lo stesso suono. Però si chiamano diversamente, e non per spirito libertario, ma in quanto appartengono a movimenti armonici diversi, quindi valore diverso.  Se queste correnti riescono ad essere omofone con l’auspicato nuovo statuto del Pd (perché questo ci vuole), offriranno le loro vedute per talune fattispecie della vita del partito, ma non sui fondamentali di esso. Come dire: qualche diversità ma lo stesso suono. Ed eccoci al dunque: da dove cominciare? Due ipotesi: confrontarsi e da qui trarre delle conclusioni generali. Oppure: in prima istanza mettere a fuoco cosa significa oggi un partito di sinistra, nella teoria, nei fatti, nella pianificazione. Non ci dovrebbero essere dubbi: la via opportuna da seguire è la seconda. Certo: sul terreno della “verità”.