E Visegrad visse d’arte e d’amor

 

Repubbica Ceca e Slovacchia

I due Paesi più piccoli del gruppo di Visegrad presentano caratteristiche simili, prima fra tutte la scarsissima affluenza alle urne: nella Repubblica Ceca il 28%, in Slovacchia il 23% degli aventi diritto al voto. Altra somiglianza è la frammentazione degli schieramenti politici, che non permette la stabilità necessaria dei governi e indebolisce l’efficacia delle leggi varate dai parlamenti. 

Nella Repubblica Ceca vince con il 21% ANO2011, il partito del premier Andrej Babiš, miliardario molto discusso che dal 2017 governa il Paese, ripetutamente accusato, anche da Bruxelles, di occupare la sua carica in pieno conflitto di interessi con la sua attività privata di imprenditore. Rispetto al risultato delle consultazioni tenute in quella occasione si tratta di una battuta d’arresto con una perdita secca di dieci punti, ma non stanno meglio i suoi alleati socialdemocratici che non sono riusciti neanche a superare la soglia di sbarramento per l’accesso al parlamento europeo. Viceversa i liberali conservatori di ODS hanno ottenuto dignitosamente il 14,5%, mostrando di essere il partito più accreditato nel frastagliato panorama delle destre ceche, al cui interno gli estremisti nazionalisti del SPD hanno fatto registrare un consenso del 9%. Va segnalata la terza posizione conquistata con il 14% dai Pirati,  formazione antipartitica che entra per la prima volta nel Parlamento europeo. Le destre, quindi, vincono ma, a causa della povertà del dibattito politico nel Paese non si comprende bene che tipo di istanze rivendicheranno. Per quanto riguarda il partito di Andrej Babiš è difficile collocarlo ideologicamente sia per la contraddittorietà delle sue posizioni, sia per il fatto che guida un governo di minoranza sostenuto dai socialdemocratici e dall’appoggio esterno dei comunisti. È nota la sua vicinanza alle posizioni nazionalistiche e antimigratorie del gruppo di Visegrad, ma l’opinione pubblica non sembra interessarsene molto. Forse anche perché in un Paese in cui il 70% della popolazione si dichiara atea e nel quale le manifestazioni di tolleranza nei confronti dell’omosessualità si svolgono pacificamente, la comunità di intenti con le cristianissime Polonia e Ungheria non viene troppo condivisa.

Anche in Slovacchia i socialdemocratici subiscono una battuta d’arresto con un 15% che lo fa retrocedere al secondo posto nella competizione elettorale. Vince il partito liberale Slovacchia Progressista della neopresidente della Repubblica Zuzana Čaputová, la prima donna capo si Stato in un Paese ex comunista. Il suo partito, dichiaratamente favorevole all’Unione Europea e alleato con i liberali di destra del SPOLU, ha ottenuto il 20% dei voti. il SNS, partito nazionale conservatore di destra, ostile all’Europa, è restato al di sotto della soglia di sbarramento del 5%, ma all’estrema destra i neofascisti di Nuova Slovacchia ha sorpreso tutti conquistando il 12% e due parlamentari a Bruxelles.