Tutti passibili di essere incoronati. Viralmente, s’intende. Tutti chi? Tutti, proprio tutti quelli che vivono sulla faccia della terra. Non è razionale colpevolizzare la Cina, visto che i danni economici ricadono su di essa non meno che altrove. Tuttavia oggettivamente il Coronavirus, furbastro, ha cittadinanza cinese, con tanto di passaporto.
È un globe-trotter, viaggia di qua e di là per il mondo, è anarchico, non conosce confini né geografici né ideologici.
È invasivo, parla esperanto e ha i suoi paradisi fiscali. E viene da pensare che, a dispetto dei dissesti economici che causa dappertutto, ama la sua patria ed è amato dalla sua patria. Senza che nessuno lo voglia, è l’ambasciatore che non porta pena, ma la fa nascere sul posto. Si spera non con la stessa capillare penetrazione con cui in ogni angolo del pianeta hanno aperto la saracinesca negozi di oggetti disparati made in China, ad un euro ciascuno. Incoronamento virale e incoronamento colonialistico colludono. Si spera transitoriamente.