Il dopo Alonso del balletto cubano

Una donna in abito bianco commossa asciuga le lacrime mentre regge un mazzo di rose

Cuba resiste a tutte le penurie che, una volta ancora e con più durezza, la affliggono: dal cibo al carburante, che adesso arriva con le petroliere russe. Deve anche archiviare, sotto la presidenza Trump, le speranze di revoca del bloqueo-embargo aperte dall’ex presidente Usa Barack Obama, che simbolicamente visitò il Gran Teatro. Quest’ultimo dal 2016 è intitolato ad Alicia Alonso, gran signora del balletto, il vanto nazionale.

Alicia, nata Martínez del Hoyo, “la Assoluta”, la Giselle cubana di fama mondiale, quasi cieca poco più che ventenne, eppure in scena fin oltre la settantina, è scomparsa lo scorso ottobre, a 99 anni. Per lei una cerimonia multitudinaria e uno spettacolare corteo che l’ha accompagnata dal suo teatro sino al monumentale Cementerio de Cristóbal Colón.

Viengsay Valdés, cioè Vittoria in laotiano, nata a La Habana da padre Ambasciatore per Cuba in estremo oriente, ballerina di virtuosismo esemplare, “capace di fare una siesta in punta”, ispirata a Alicia Alonso, ha ricevuto ufficialmente ai primi di gennaio 2020 l’investitura a direttrice del Ballet Nacional de Cuba (BNC) e il Premio Nazionale della Danza. 

Molte ipotesi sono state fatte su chi avrebbe raccolto il testimone della “Assoluta” Alonso, la “Cieca veggente” secondo la definizione di Maurice Béjar, fra cui il nome di Carlos Acosta. Poi, nel 2018, un chiaro segnale indicò la via per il futuro, quando il Gala di chiusura della ventiseiesima edizione del Festival Internacional de Ballet, vetrina-omaggio biennale con il meglio della compagnia di casa e con tanti ospiti stranieri (in particolare dagli Usa, American Ballet Theatre, New York City Ballet, Martha Graham Dance Company), culminò con ParAlicia: un solo con musica dal vivo del grande e poliedrico pianista cubano Frank Férnandez, nella coreografia neo-ballettistica di Tania Vergara, che guida il gruppo moderno Endedans a Camagüey.

Nel 2019, per i 500 anni dalla fondazione de La Habana, Viengsay ha presentato il nuovo balletto Concerto DSCH di Alexei Ratmansky, ambitissimo coreografo russo-newyorkese, pezzo in repertorio anche alla Scala. A esso si aggiungeranno altri lavori d’autore, come dagli Statesi classici di Justin Peck, su cui scommette il New York City Ballet e il moderno afroamericano di Kyle Abraham della Paul Taylor Dance Company

Durante una recente visita a New York, la fattiva directora ha attivato trattative per portare in futuro il BNC al Joyce Theatre, sede privilegiata della danza moderna, contemporanea americana e internazionale nella Grande Mela, con pezzi di medio-piccolo formato e di stampo contemporaneo.

La linea d’azione di Viengsay Valdés per il Ballet Nacional de Cuba, condotta con pazienza e accortezza, è molteplice: mantenere il patrimonio, riproponendo i classici pregiati della casa, valorizzando la peculiarità dello stile cubano coltivato da generazioni di ballerini in questa speciale famiglia di lavoratori della cultura e della bellezza gioiosa del corpo danzante. Inoltre, offrire opportunità agli emergenti, riaprire le porte ai talenti che l’isola ha sparso nel mondo e invitare nuovi creatori. 

Infine, ampliare il numero di recite e poter così ospitare stelle dall’estero. Questi, fra i desideri della neo-direttrice. 

Alcune tappe già sono state messe a segno. A novembre Julio Bocca, étoile argentina molto amata a Cuba, ha tenuto lezioni e prove per il Ballet Nacional. A dicembre Lorna Feijó, stella cubana fuoruscita in rientro dagli Usa, ha curato le prove del Cascanueces, che ha chiuso la stagione 2019 al Gran Teatro.

Nella cerchia dei fan più vicini al BNC c’è chi si spinge fino a immaginare che vi si possa allestire, accanto a quella classica e intoccabile di Alicia Alonso, la Giselle moderna dello svedese MatsEk, già presente a Cuba con Quasi casa per Danza Contempóranea diretta da Miguel Iglesis, impegnato ora con il gruppo contemporaneo Malpaso in una versione ampliata del Solo Woman with Water