Dante e Mario Draghi, qui si parrà la tua nobilitate

Dante e Mario Draghi, qui si parrà la tua nobilitate
Elaborazione grafica di Marianna De Vita

Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha l’opportunità di passare al Colle. Ma ha anche la grande opportunità di celebrare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Vero è che lui è romano e non fiorentino, ma qui non si tratta di tensioni tra guelfi e ghibellini, tra neri e bianchi. Si tratta, come  egli stesso ha sottolineato con decisione, di essere al servizio delle istituzioni. Un uomo votato alle istituzioni in maniera che esse si occupino, se non di una “donna di provincia” – per citare il Poeta, che alludeva all’impero romano – a una signora civile e combattiva e non “bordello”, per restare nella rima dell’Alighieri.

Dante e Draghi, alzare le vele per correr miglior acque

Vero è che il Colle è, anche in termini di altitudine, più panoramico di Palazzo Chigi e che lì si respira aria un pochino più salubre. Ma non meno vero è che, per evitare il “bordello” dovrebbe dire con Dante: “O muse, o alto ingegno or m’aiutate/ o mente che scrivesti ciò ch’io vidi/ qui si parrà la tua  nobilitate”.  E per Draghi proprio da questo momento in poi significa andare ben oltre quanto fatto finora. 

Nel caso Draghi avesse una guida, analogamente a Virgilio per Dante, gli chieda: “Poeta che mi guidi/guarda la mia virtù s’ell’è possente/ prima ch’a l’alto passo tu mi fidi”. E poi, come Dante, invochi il suo alto magistero. A lui si riconoscono le qualità per essere presidente del Consiglio e anche della Repubblica. Nell’uno e nell’altro caso, per lui, adesso,  vale la consapevolezza di Dante: “Per correr miglior acque alza le vele/ omai la navicella del mio ingegno”.  Ora, Draghi deve correr miglior acque. E può scegliere, pare, se evitare il “bordello” completando il suo lavoro di direttore d’orchestra al Governo, o se invece optare per le miglior acque personali.