Ricorrenza Mozart, Mannheim e Parigi (1777-1779)

CAPITOLO 5: Mannheim (1777 - 1778) – CAPITOLO 6: Parigi (1778 - 1779)
Salisburgo, Mozartplatz, monumento a Mozart eretto nel 1842.

CAPITOLO 5: Mannheim (1777 – 1778) – CAPITOLO 6: Parigi (1778 – 1779)

Qui di seguito i capitoli 5 e 6 della monografia su Mozart scritta da Giovanni Caruselli, nostro redattore, autore di saggi, collaboratore di Einaudi, Rizzoli, Vallardi, Diakronia, e altri editori, per testi di storia e filosofia (materie che ha insegnato).

La  pubblichiamo, a capitoli (sono dieci), nella ricorrenza dei 250 anni dalla presenza in Italia del genio della musica. Tanti i contatti, le commissioni, i riconoscimenti ricevuti. Tra questi, nel gennaio del 1771, appunto, la nomina quale Maestro di Cappella da parte dell’Accademia Filarmonica di Verona.

 CAPITOLO 5

 Mannheim (1777 – 1778)

I Mozart restarono a Monaco fino all’ultima rappresentazione de La finta giardiniera, avvenuta il 13 marzo, sia per partecipare ai festeggiamenti del carnevale, sia perché Leopold si dava da fare per convincere il principe elettore Massimiliano III ad assumere Wolfgang al suo servizio. In quei giorni era presente a Monaco l’arcivescovo Colloredo che, probabilmente, non dovette restare molto contento delle manovre di Leopold, anche se forse quest’ultimo esagera nel descriverlo imbarazzato per la situazione. La conseguenza inevitabile di tutta la vicenda non poteva che essere una crescente diffidenza dell’alto prelato per i Mozart che mostravano di essere scontenti del loro impiego. Alla fine padre e figlio ritornarono a Salisburgo senza aver ottenuto l’incarico di preparare una nuova opera per il carnevale successivo. Non per questo Wolfgang restò inattivo, poiché gli fu richiesto di comporre in brevissimo tempo su testo di Metastasio l’opera, Il re pastore (K 208), che sarebbe stata eseguita il 23 aprile in occasione della visita a Salisburgo del principe Massimiliano, figlio dell’imperatrice. Fino alla fine del 1777 Wolfgang non si mosse dalla sua città natale, e fu questo un periodo di grande attività creativa, che vide la composizione di un centinaio di lavori. Tra le Serenate va ricordata la celebre Haffner, in re maggiore (K 250), dedicata alla della figlia del borgomastro Haffner in occasione delle sue nozze. Nel 1775 furono portati a termine cinque Concerti per violino (K 207, 211, 216, 218, 219), a cui si aggiunse un sesto nel 1777 (K 271). Per il pianoforte Wolfgang compose quattro Concerti (K 238, 242, 246, 271), un Concerto per tre pianoforti (K 242), dedicato alla contessa Lodron e alle sue due figlie, e il Concerto in mi bemolle maggiore (K 271), scritto per la famosa pianista francese Jeunehome. Nell’ambito della musica sacra vanno ricordate le sei Messe (K 220, 257, 258, 259, 262, 275).

Non c’è posto per Wolfgang alla corte di Monaco

Nel giugno del 1777 Leopold, benché sapesse di non godere delle simpatie dell’arcivescovo, decise di chiedergli un permesso di alcuni mesi per effettuare insieme a Wolfgang un altro viaggio. La risposta del Colloredo fu negativa e i rapporti fra i due divennero talmente tesi che Leopold ricevette una lettera di licenziamento, subito dopo revocata. Alla fine Wolfgang fu lasciato libero di partire, mentre Leopold si rassegnò a separarsi dal figlio, pensando però di farlo accompagnare dalla madre. Essa avrebbe avuto in qualche modo una funzione moderatrice sull’irruento e spesso irrazionale Wolfgang, pur non disponendo dell’autorità paterna. Per Leopold la separazione dal figlio fu molto dolorosa, così descritta in una lettera. «Al momento del congedo mi ero fatto molta forza per rendere meno penoso il distacco. E, sconvolto dall’emozione, mi ero dimenticato di dare a mio figlio la benedizione paterna. Corsi allora alla finestra e ve la diedi; ma non vedendovi oltrepassare la porta della città compresi che eravate già lontani perché io ero rimasto seduto per molto tempo senza pensare a nulla. La Nannerl piangeva dirottamente e io dovetti fare molta fatica per consolarla.. Io andai in camera mia, mi distesi sul letto, lessi un po’ un libro e, tranquillizzato, mi appisolai. Il cane venne e mi svegliò. Mi alzai, presi la pelliccia, trovai Nannerl profondamente addormentata, guardai l’orologio e vidi che erano le dodici e mezzo. La sera Nannerl stava bene e aveva appetito. Giocammo a Piquet e, come Dio volle, andammo a dormire. Così trascorse questa triste giornata che mai avrei immaginato mi sarebbe toccato di vivere

Prima meta del viaggio fu Monaco, dove Wolfgang si mise subito in contatto con il conte Seeau, il quale Io indirizzò al principe elettore Massimiliano. Il colloquio con quest’ultimo, propiziato dai buoni uffici del violoncellista della Hofkapelle di Monaco, Franz Xavier Woschitka, viene così descritto da Mozart. «Quando il principe elettore mi venne incontro io dissi. “Voglia Vostra Altezza il principe permettere che mi inginocchi ai Suoi piedi col massimo ossequio e Le porga i miei servigi” – “Si, via per sempre da Salisburgo?” – “Si, via per sempre, Vostra Altezza” – “Già, e perché poi? Vi pagavano poco?” “Assolutamente no, Vostra Altezza, ho solo chiesto il permesso per un viaggio, mi è stato negato e ciò mi è stato di sprone a questo passo, sebbene già da tempo avessi in mente di andarmene, perché Salisburgo non è posto per me, questo è certo“- “Dio mio, il giovanotto! Ma vostro padre è ancora a Salisburgo?” – “Si Vostra Altezza, e le porge i suoi ossequi ecc. Sono stato già tre volte in Italia, ho scritto tre opere, sono membro dell’Accademia di Bologna, ho dovuto sostenere un esame per il quale molti maestri hanno lavorato e sudato dalle quattro alle cinque ore e l’ho terminato in un’ora. Ciò forse basta ad attestare che sono in grado di servire presso qualsiasi corte. Il mio unico desiderio tuttavia è quello di servire Vostra Altezza che è a sua volta un grande. ” – “Già, caro ragazzo, non ci sono posti vacanti qui. Mi rincresce, se solo ci fosse stato un posto vacante. ” “Assicuro Vostra Altezza che farei certamente onore a Monaco” – “Si ma non c’è niente da fare, non ci sono posti liberi“. Disse questo andandosene, e a me non rimase che accomiatarmi».

Malgrado l’interessamento di numerose e influenti persone con cui Wolfgang era venuto in contatto a Monaco, non gli fu possibile trovare un impiego stabile e adeguato al suo valore. Avrebbe potuto egualmente lavorare accogliendo le commissioni che gli venivano fatte, ma questa soluzione non incontrava il favore di Leopold che così redarguiva per lettera il figlio. «Che tu possa vivere da solo a Monaco è vero. Ma che onore ne trarresti, e quanto ne riderebbe l’arcivescovo! Questo puoi farlo dappertutto, non solo a Monaco. Non ci si deve abbassare, né buttarsi via così. Non ve n’è davvero nessuna necessità». L’11 ottobre, venendo incontro ai desideri del padre, Wolfgang si spostava con la madre ad Augusta, dove i due furono accolti e festeggiati dallo zio Franz Aloys Mozart. In questa città il giovane musicista ebbe la possibilità di conoscere Johann Andreas Stein, famoso costruttore di pianoforti e di organi, allievo di Gottfried Silbermann. Wolfgang apprezzò molto i pianoforti di Stein e li descrisse entusiasticamente al padre. «Prima di aver visto i pianoforti di Stein, preferivo i pianoforti di Späth. Ora però devo dare la palma a quelli di Stein perché attutiscono il suono molto meglio di quelli di Ratisbona. Quando percuoto i tasti con forza, sia che vi si lasci sopra le dita o che le alzi, il suono va via non appena l’ho fatto sentire. Posso toccare la tastiera come mi pare, il suono rimane sempre lo stesso, non vibra, non diviene più forte né più debole e non fallisce mai, in una parola c’è la massima uguaglianza. Certo un pianoforte siffatto non lo fa pagare meno di 300 fiorini, ma la cura e la diligenza che egli vi adopera non hanno prezzo». Wolfgang si esibì nelle chiese di S. Ulrico e Santa Croce, già frequentate in gioventù dal padre e diede il 22 ottobre un concerto che ebbe uno strepitoso successo, anche se dal punto di vista economico non risultò particolarmente remunerativo. Qualche giorno dopo ripartì con la madre per Hohenaltheim, soggiorno estivo dei principe Kraft Ernst von Ottingen-Wallenstein. Qui Mozart non riuscì ad esibirsi alla presenza del sovrano e la sosta servì solo a permettere alla madre di curarsi la bronchite che l’aveva colpita. I due partirono, poi, alla volta di Mannheim dove giunsero il 30 ottobre.

A Mannheim, una piccola Parigi con una grande orchestra

La città ricordava Parigi, sia per il modo di vivere della gente che vi abitava, sia per le tendenze culturali e artistiche che vi predominavano, profondamente permeate dal gusto francese. Il principe elettore Karl Theodor von Pfalz-Sulzbach, amico di Voltaire, aveva tentato di ricreare nella sua corte l’ambiente di quella di Versailles. Talvolta criticato per il suo scarso interesse nei confronti delle questioni politiche, il principe aveva dotato la città di una biblioteca, di un museo di scienze naturali, di un’accademia di disegno e di scultura e di una sala di antichità con calchi in gesso, che Goethe avrebbe molto apprezzato. Aveva poi favorito il risveglio delle tendenze nazionalistiche tedesche nel campo artistico, licenziando la compagnia francese per fare spazio ai compositori e agli esecutori tedeschi. Ma la vera attrazione di Mannheim era la celebre orchestra che, dopo essere stata diretta per anni da Johann Stamitz, era in quel momento guidata da Christian Cannabich. Mozart e la madre strinsero amicizia con la famiglia di questi, iniziando a frequentarne la casa. Wolfgang incominciò anche a dare lezioni a una delle figlie di Cannabich, Rose, da cui fu particolarmente attratto. «Per la sua età è molto saggia e a posto; è seria, non parla molto, ma quello che dice è grazioso e gentile». Le serate passate in casa Cannabich dovettero essere particolarmente piacevoli e non troppo impegnate, come si deduce dalla disinvolta «confessione» di Wolfgang a riguardo. «Io, Johannes Chrisostomus Amadeus Wolfgangus Sigismundus Mozart mi incolpo di essere tornato a casa ieri e l’altro ieri (anche altre volte) solo alle 12 di notte e dalle 10 fino all’ora suddetta in presenza e in compagnia di Cannabich, di sua moglie e sua figlia nonché di Ramm e Lang e del signor tesoriere, di aver messo in rima ripetutamente e senza pretese un sacco di sconcezze … con pensieri e parole, non coi fatti. Non mi sarei però prodotto così miserevolmente se la capobanda, la cosiddetta Limi, non mi avesse incoraggiato e istigato a ciò, e devo confessare che ne ho provato un grande piacere».

A Mannheim Wolfgang si interessò soprattutto di teatro. Apprezzò il Günther von Schwarzburg di Ignaz Jacob Holzbauer, rappresentato per la prima volta il 5 gennaio 1777, elogiandone l’autore in una lettera al padre. «La musica di Holzbauer è molto bella. La cosa che più mi meraviglia è come un uomo dell’età di Holzbauer abbia ancora un tale spirito, è incredibile infatti quanto fuoco ci sia in questa musica». Altrettanto positivamente Wolfgang si esprimerà nei confronti di Anton Schweitzer, autore dell’opera Rosemunde che doveva essere rappresentata nei gennaio 1778. Il 30 dicembre, però, morì il principe elettore Massimiliano e Karl Theodor partì per Monaco, provocando con il suo allontanamento la sospensione dei preparativi.

In quel periodo Wolfgang aveva conosciuto, tramite Cannabich, Johann Baptist Wendling, flautista dell’orchestra, e Friedrich Ramm, oboista, i quali avevano progettato un viaggio a Parigi per il periodo quaresimale per darvi dei concerti invitando Wolfgang a far parte della compagnia. In un primo momento quest’ultimo si mostrò entusiasta per l’iniziativa scrivendo così al padre. «Il Sig. Wendling mi assicura che non avrò da pentirmene. È stato due volte a Parigi ed è tornato da poco. Dice che è ancora l’unico luogo dove si possono fare quattrini e farsi onore, e lei è un uomo che può far tutto. Le mostrerò io la strada giusta. Deve fare opere serie, comiche, oratori e tutto il resto. Chi ha fatto rappresentare un paio d’opere a Parigi si è senz’altro guadagnato l’anno. Poi c’è il Concert Spirituel, l’Académie des Amateurs dove per una sinfonia si ricevono cinque luigi d’oro. A me sembra utile e saggio partire con un uomo che conosce Parigi (com’è ora) per lungo e per largo. Infatti è molto cambiata». Anche la madre, scrivendo a Leopold, mostrava di essere d’accordo con il progetto. Nel frattempo, comunque, anche per via dei problemi economici sempre più pressanti, procedevano i tentativi di avvicinamento alla corte del principe, per ottenere un impiego. Inizialmente sembrò che le cose fossero ben avviate. Wolfgang si esibì di fronte a Karl Theodor, che ne restò positivamente impressionato, e successivamente ottenne da questi l’incarico di dare lezioni di musica ai suoi due figli naturali. Ma l’esito della vicenda doveva smentire le premesse. Così scrive Wolfgang al padre ai primi di dicembre del 1777.

«Lunedì scorso ebbi la fortuna di incontrare finalmente il principe, dopo che per tre giorni consecutivi ero andato, mattina e pomeriggio, dai suoi figli naturali. Pensavamo tutti che anche questa volta sarebbe stato invano, perché era già tardi, ma finalmente lo vedemmo arrivare. La governante fece subito sedere la contessa al pianoforte e me accanto a lei a darle lezione, e così ci trovò il principe entrando. Ci alzammo in piedi, ma egli disse di continuare. Quando la contessa ebbe finito di suonare, la governante prese la parola e disse che io avevo un bel rondò. Lo suonai, gli piacque molto. Infine domandò: “Ma lo saprà imparare?” – “Oh, si” dissi io “solo mi augurerei di aver la fortuna di insegnarglielo personalmente” – Egli sorrise e disse. “piacerebbe anche a me, ma lei non si rovinerebbe ad avere due maestri?” – “Oh, no, Altezza” dissi io “dipende solo se essi sono buoni o cattivi. Spero che Vostra Altezza non dubiti e abbia fiducia in me” -“Oh, questo è assolutamente certodisse. “Ora ci penserò, quanto tempo vuole fermarsi qui?” “Quanto comanderà Vostra Altezza”. E questo fu tutto.» Dopo giorni e giorni di inutile attesa Wolfgang ricevette una risposta negativa che così riferì al padre. «Ormai qui col principe non c’è più nulla da fare. Sono stato l’altro ieri all’accademia a Corte per avere una risposta. Il conte Savioli mi evitava come al solito. Io però gli sono andato incontro, appena mi ha visto ha alzato le spalle. “Cosa?” dissi “Ancora nessuna risposta?” “La prego di scusarmi” mi disse “ma purtroppo, non se ne fa nulla” – “Eh, bien” dissi io “il principe me lo avrebbe potuto dire prima“. “Giàdisse lui “non si sarebbe ancora deciso, se non mi fossi dato da fare e non gli avessi fatto presente che lei è già qui da tempo, sprecando tutto il suo denaro in albergo”». La precisazione del conte Savioli era assai pertinente poiché i risparmi dei Mozart erano agli sgoccioli e fu solo grazie agli amici di Mannheim che Wolfgang e la madre riuscirono a superare il difficile momento.

Invece per quanto riguardava, il progettato viaggio a Parigi, Wolfgang si mostrava sempre meno propenso ad effettuarlo, malgrado gli incoraggiamenti di Leopold, adducendo motivazioni di diversa natura. «Wendling è un uomo profondamente onesto e buono, ma purtroppo senza religione e così tutta la famiglia; basti dire che sua figlia è stata una maîtresse. Ramm è un brav’uomo ma un libertino. Io mi conosco, so di aver tanta religione da non far mai cosa che non si possa fare davanti a tutto il mondo, ma la sola idea di dover viaggiare con gente il cui modo di pensare è tanto diverso dai mio (e da quello di tutte le persone oneste) mi spaventa. » Piuttosto sorpreso Leopold rispondeva. «Che tu non parta con la compagnia che sappiamo è bene, solo, ti sarai certo accorto del malcostume di questa gente già da un bel pezzo e in tutto questo tempo non ne hai mai confidato nulla al padre tuo, e (peggio ancora!) non lo hai fatto neppure a tua madre.” Ancora Wolfgang: «La seconda ragione è che ho riflettuto bene a quello che posso fare a Parigi. Non potrei tirare avanti come si deve se non dando lezioni e non sono nato per questo lavoro. Ne ho qui il vivo esempio. Avrei potuto avere due allievi, sono andato tre volte da ognuno di loro, poi uno non l’ho trovato in casa e non ci sono andato più. Per cortesia dò volentieri delle lezioni, specialmente se vedo che uno ha del talento, voglia e piacere di apprendere. Ma andare in una casa all’ora stabilita, o aspettare a casa mia che l’allievo si degni di venire, non posso proprio farlo, anche se mi dovesse rendere molto». Leopold, pur comprendendo le motivazioni del comportamento di Wolfgang, non poteva non ricordargli i debiti che si accumulavano a Salisburgo per permettergli quei costosi soggiorni e tuttavia accettava le scelte dei figlio. Presto, però, sarebbe emerso un ulteriore motivo di dissenso fra i due: l’amore di Wolfgang per Aloysia Weber.


CAPITOLO 6

Parigi (1778 – 1779)

Con Aloysia nel cuore …

Aloysia Weber era figlia di Fridolin Weber, cantante, suggeritore e copista al servizio del principe Karl Theodor, per uno stipendio di 200 (in seguito 400) fiorini, che certamente non gli era sufficiente per mantenere la moglie e la numerosa prole. Mozart ne parla riferendo di un viaggio fatto assieme ai Weber a KirchheimBolanden e a Worms nel gennaio 1778. Le sue parole sono piene di ammirazione per la voce della quindicenne – Luise (canta in modo eccellente e ha una voce limpida e bella – e di compassione per la triste condizione del padre di lei – ha dovuto vivere per quattordici anni, lui, moglie e figli con 200 fiorini -. Alla ragazza Wolfgang dedicava buona parte delle sue energie e del suo tempo per insegnarle quanto poteva essere utile alla sua futura carriera, dimenticando sempre più spesso lo scopo della sua permanenza a Mannheim. Che la Weberin occupasse un posto sempre più importante nell’animo di Wolfgang risultò chiaro dalla lettera inviata al padre il 4 febbraio 1778, in cui il musicista rivela il suo progetto di un viaggio in Italia con i Weber.

Per questo vorrei pregarla di scrivere il più presto possibile al nostro caro amico Luggiati domandandogli quanto viene pagata e quanto è il massimo che riceve una prima donna a Verona. Quanto più, tanto meglio, calare si può sempre. Per quanto riguarda lei, garantisco per la vita che mi farà onore. Ha già profittato molto del mio insegnamento, e quanto potrà ancora profittarne! … A Verona scriverò volentieri un’opera per 50 zecchini, solo perché lei si faccia un nome, ché se non fossi io a scriverla, temo che il suo talento verrebbe sacrificato. Di qui ad allora mi procurerò tanto denaro con altri viaggi che abbiamo intenzione di fare insieme, che non mi rincrescerà poi molto. Credo che andremo in Svizzera e forse anche in Olanda; mi scriva presto in proposito. Se ci tratterremo a lungo ci sarà molto utile l’altra figlia, la maggiore; potremo infatti avere un ménage autonomo, perché sa cucinare. Mi dia presto una risposta, La prego. Non dimentichi il mio desiderio di scrivere opere! Invidio chiunque ne scriva una; piangerei sempre dalla rabbia, ogni volta che sento o vedo un’aria. Ma italiana, non tedesca; seria, non buffa».

  … e Leopold infuriato

Leopold apprese “con meraviglia e spavento” i progetti di Wolfgang, tanto gli sembravano fantasiosi e privi di senso, e rispose al figlio con una lunga e convincente lettera del 12 febbraio, scritta con il dichiarato scopo di aprirgli gli occhi sul suo futuro, e di dissuaderlo dal tanto desiderato viaggio con la Weberin. “Pensi di portarla in Italia come prima donna. Dimmi se conosci una prima donna che abbia calcato le scene italiane senza avere già più di una volta recitato in Germania. Quante opere ha recitato a Vienna la Signora Bernasconi, opere per giunta di grande impegno, studiate con Gluck e Calzabigi. Quante opere ha cantato Mademoiselle Deiber a Vienna sotto la guida di Hasse e di quella cantante e famosa attrice, la Signora Tesi, che tu hai conosciuto dal principe di Hildburgshausen… Quante volte ha recitato nel teatro viennese Mademoiselle Schindler, dopo aver esordito privatamente presso il barone Fries, sotto la guida di Hasse, della Tesi e del Metastasio! Tutte queste persone avrebbero mai osato presentarsi subito al pubblico italiano? E quante protezioni e raccomandazioni hanno dovuto procurarsi per raggiungere lo scopo? Principi e conti le hanno raccomandate, compositori di grido e poeti si sono fatti garanti delle loro capacità. E tu credi che basta che io scriva a Luggiati, e vorresti comporre un’opera per 50 ducati, pur sapendo che i veronesi non hanno denaro e non commissionano mai nuove opere … Voglio credere che Mademoiselle Weber canti come una Gabrielli, che abbia una voce abbastanza forte per il teatro italiano, ecc., che sia adatta al ruolo di prima donna, ecc., ma è ridicolo che tu voglia garantire per la sua scena … Quale impresario non riderebbe se gli si volesse raccomandare una ragazzina di sedici o diciassette anni che non ha mai calcato le scene!

Riguardo al progettato viaggio in Svizzera o in Olanda Leopold avverte Wolfgang del pericolo di un’imminente guerra che potrebbe scoppiare in uno di questi paesi, esortandolo con energia ad orientarsi verso un viaggio a Parigi “Avanti a Parigi! e presto, e mettiti al fianco di persone importanti. Aut Caesar aut nihil! Il solo pensiero di vedere Parigi avrebbe dovuto preservarti da ogni idea balzana. Da Parigi la fama e il nome di un uomo di talento vanno per tutto il mondo, laggiù l’aristocrazia tratta le persone di genio con affabilità, stima e gentilezza, là si vedono le buone maniere che tanto contrastano con la rozzezza dei nostri cavalieri e delle nostre dame, e là puoi rafforzare la tua conoscenza del francese”. Troppo sensate erano le osservazioni di Leopold e troppo grande era l’affetto e il rispetto di Wolfgang per lui perché non seguisse i  suoi consigli. Il distacco da Mannheim fu doppiamente doloroso per Wolfgang, sia per il fatto di allontanarsi da amici che lo stimavano sinceramente, sia, naturalmente, per la forzata separazione dalla Weberin che gli ricamò “due polsini di merletto per ricordo e come piccolo segno di gratitudine”.

A Parigi in cerca di fortuna

Il 14 marzo 1778 Wolfgang e la madre partirono alla volta della capitale francese dove giunsero, esausti per il viaggio, nove giorni dopo. A Parigi potevano contare sull’amicizia di quel barone von Grimm i cui buoni uffici tanto avevano loro giovato nel precedente viaggio del 1764. Si trattava ancora una volta di stabilire relazioni con i personaggi più influenti dell’aristocrazia locale per avere qualche possibilità di lavoro. Leopold, previdente com’era, aveva curato particolarmente la continuità dei rapporti con il barone, sapendo che prima o poi sarebbero tornati utili, e perciò insisteva ora con Wolfgang perché si facesse guidare in ogni cosa da Grimm. “Chiedigli consiglio per ogni cosa, non fare nulla di testa tua, abbandona ogni idea preconcetta”. Le aspettative di Leopold dovevano andare in parte deluse poiché il barone, pur non disinteressandosi del suo protetto, non si impegnò anima e corpo nell’aprirgli tutte le possibili strade. E ciò non senza motivo. Wolfgang non era più il fanciullo prodigio di quindici anni prima e l’interesse che poteva destare la sua persona era assai minore che in passato. Vi era poi il problema del confronto in atto fra i fautori dell’opera italiana, rappresentata da Niccolò Piccinni e quelli della riforma teorizzata da Christoph Willibald Gluck, confronto in cui si era necessariamente chiamati a prendere posizione, come Grimm stesso sottolineò più volte.

Leopold aveva provveduto anche a formulare una lista di possibili protettori con cui il figlio avrebbe dovuto mettersi in contatto, ma ciò servì a poco, sia per i problemi oggettivi nell’avvicinarli sia per la loro scarsa disponibilità. “A piedi le distanze sono troppo grandi e le strade troppo sporche, tutta Parigi è un’indescrivibile lordura. Ad andare in carrozza si ha l’onore di spendere quattro o cinque livres al giorno e per niente. La gente infatti fa un sacco di complimenti e basta. Mi prenotano per il tal giorno, io suono e essi dicono. ‘O c’est un prodige, c’est inconcevable, c’est étonnant’ E con ciò addio».

Altri problemi derivavano dalla attività didattica, che restava per Wolfgang l’unico cespite di guadagno, ma per la quale egli provava una violenta avversione. Per intercessione di Grimm ottenne l’incarico di dare lezioni di musica alla figlia del duca di Guines, ma la cosa finì nel nulla poco dopo per il fidanzamento di lei. Per incarico del duca compose il Concerto per flauto, arpa e orchestra (K 299), essendo il flauto e l’arpa gli strumenti preferiti rispettivamente dal duca e dalla figlia. Anche dal punto di vista dell’alloggio le cose non andavano troppo bene. Inizialmente Wolfgang e la madre si erano sistemati in una camera angusta e buia che non poteva ospitare neanche un pianoforte e solo più tardi riuscirono a trasferirsi in una abitazione migliore vicina al centro della città in rue du Gros Chenet.

Più il tempo passava e più Mozart si trovava a disagio nell’ambiente parigino. Gli davano fastidio la “grossolanità” della gente, l’”alterigia”, la generale mancanza di principi morali. Anche l’impatto con la musica francese non fu positivo: “Se qui ci fosse un luogo dove la gente avesse orecchie per ascoltare, un cuore per sentire e un po’ d’intendimento e ‘gusto’ per la musica riderei di cuore su tutte queste cose; purtroppo invece mi trovo tra bestie (per ciò che riguarda la musica). Ma come potrebbe essere altrimenti giacché sono così in tutte le loro azioni, sentimenti e passioni; non c’è al mondo altro luogo simile a Parigi”. Attraverso gli amici musicisti di Mannheim Wolfgang poté conoscere Jean Le Gros, direttore dei Concerts Spirituels, concerti di musica sacra vocale e strumentale che si tenevano alle Tuileries. Questi gli commissionò dei cori da eseguire in aggiunta a quelli composti dal maestro di cappella Holzbauer. Oltre ai cori Mozart scrisse per Le Gros la Sinfonia in re maggiore (K 297), che venne eseguita il giorno del Corpus Domini e facendo registrare l’unico grande successo di pubblico di Wolfgang in questo periodo.

La diatriba fra «gluckisti» e «piccinnisti»

Ad aggravare le condizioni psicologiche del musicista sopravvenne poi il grande lutto per la morte della madre. Già da tempo sofferente, essa si aggravò improvvisamente e si spense il 3 luglio 1778, malgrado le cure dei medici che Wolfgang affannosamente aveva portato al suo capezzale. Egli preferì non dare subito la notizia al padre e gli scrisse solo che la madre era gravemente ammalata, pregando un amico di famiglia, l’abate Bulliger, di preparare con i dovuti modi Leopold al grave colpo. Rimasto orfano, Wolfgang fu accolto in casa del suo protettore, il barone von Grimm, e della sua amica Madame d’Epinay, ma in questa nuova situazione non riuscì a trovarsi a proprio agio. Rimproverava al Grimm di fargli pesare troppo sia l’ospitalità da lui stesso offerta sia un prestito di quindici luigi d’oro. Il Grimm da parte sua probabilmente avrebbe apprezzato nel suo protetto, un maggiore spirito d’iniziativa e una sua presa di posizione nella diatriba tra «gluckisti» e «piccinnisti» a favore, ovviamente, dei secondi. In agosto Wolfgang ricevette la visita di Christian Bach, a Parigi per un breve soggiorno di lavoro, ma a parte qualche raro momento piacevole, la permanenza nella capitale francese diventava per lui sempre più deprimente. Era quindi comprensibile che in un momento simile egli sentisse più forte la nostalgia di Aloysia Weber e infittisse la corrispondenza con lei e con il padre della ragazza. Questi era sempre preso dai suoi problemi economici, aggravati dalla prospettiva del trasferimento della corte, con tutti i suoi dipendenti, da Mannheim a Monaco.

Leopold era contrario al prolungamento del soggiorno di Wolfgang a Parigi, anche perché appariva ormai chiaro che non avrebbe dato alcun esito. Quindi apprese con sollievo la notizia che il figlio stesse tentando di ottenere il posto di maestro di cappella presso la corte bavarese. Con la consueta solerzia si diede da fare per aiutarlo, scrivendo a padre Martini per ottenerne la raccomandazione. Ma ben presto il progetto andò in fumo per la paura dello scoppio di una nuova guerra. Per altro a Leopold non sfuggiva che, a parte il desiderio di allontanarsi da Parigi, Wolfgang nutriva anche la speranza di avvicinarsi ad Aloysia, come risultava evidente dalle lettere in cui ripetutamente la raccomandava al padre. Nel frattempo a Salisburgo la situazione stava cambiando. Era morto Anton Cajetan, organista del Duomo, e Bullinger, l’amico di famiglia dei Mozart, era stato messo al corrente della disponibilità dell’arcivescovo ad una eventuale riassunzione di Wolfgang. Leopold, tempestivamente avvertito, tentò di sfruttare nel migliore dei modi la situazione, convinto ormai che, almeno per il momento, il rientro a Salisburgo sarebbe stata la scelta migliore per il figlio.

“Quanto odio Salisburgo!”

Questi esprimeva invece a Bullinger in maniera assai esplicita la sua avversione per la città natale: “Lei sa, caro amico, quanto odio Salisburgo! Non solo per le ingiustizie patite da me e da mio padre, che basterebbero da sole a farla dimenticare e a cancellarla del tutto dalla mente!”.

Leopold, però, operando con accortezza, aveva ottenuto tutto quanto era possibile dall’arcivescovo e ne dava notizia con gioia al figlio: “Quasi disperavo di riuscire nel mio intento, poiché, come sai, c’era poco da sperare dall’alterigia dell’arcivescovo, cui il nostro passo e soprattutto le tue improvvise dimissioni sono rimaste una spina nel cuore. Ma la mia costanza, non soltanto ha ottenuto ciò che volevo, l’arcivescovo non solo ha accordato tutto a me e a te e tu hai i tuoi 500 fiorini, ma si è perfino scusato che sul momento non ti può nominare maestro di cappella; tu però, se per me fosse troppo faticoso e io fossi impedito, potresti prenderti il posto mio; ha soggiunto anche di aver sempre pensato a darti uno stipendio migliore, ecc., in una parola, con mia grande meraviglia ha fatto gentilmente le sue scuse … L’arcivescovo ha dichiarato che se vuoi scrivere un’opera, ti lascerà andare dove che sia; per scusarsi di averci proibito il viaggio un anno fa, disse di non poter soffrire che si vada in giro per il mondo mendicando. … La signorina Weber interessa il principe e tutti gli altri: vorranno certamente udirla e allora i Weber potranno venire ad abitare da noi. Mi sembra che suo padre non abbia la testa a posto; condurrò meglio io la faccenda, se saranno disposti a seguirmi. Devi cercare di convincerla

Leopold, quindi, aveva pensato anche di adoperarsi per facilitare il ricongiungimento di Wolfgang con la sua Weberin, ma i suoi intendimenti furono vanificati dall’assunzione di Aloysia a Monaco come cantante. Malgrado le incertezze e le ritrosie di Wolfgang il rientro a Salisburgo era ormai deciso e il 26 settembre egli lasciò Parigi, sovvenzionato parzialmente per il viaggio di ritorno dal barone von Grimm. Il periodo parigino vide nascere, oltre alle opere già citate, le Sonate per pianoforte K 310, 330, 331, 332, 333, di cui la più nota è quella in re maggiore K 331 con il suo finale «alla turca», la Sinfonia concertante per quattro strumenti a fiato e orchestra (K 279 b) e il balletto Les petits riens (K 299 b).