Milano tra Covid e Covid

logo della rubrica Spazio Milano con l'immagine della facciata del Duomo e la scritta Spazio Milano

L’aumento dei ricoveri nelle terapie intensive e nei reparti ordinari hanno convinto a provvedimenti d’urgenza. Le previsioni delle curve dei contagi indicano una crescita esponenziale. Per gli ospedali di Milano e della Lombardia sono numeri difficili. Qualsiasi errore o evento imprevisto potrebbe mettere in serie difficoltà il sistema sanitario. Raffreddare il contagio è diventata la parola d’ordine. É una partita che si gioca da subito ma che si snoderà con lockdown parziali e progressivi per tutto il mese di novembre.

Con questi dati ogni ripresa dell’economia diventa impossibile. Il sindaco Beppe Sala e il presidente della Lombardia Attilio Fontana hanno messo temporaneamente a tacere l’aspra diversità di vedute politiche e collaborano a malincuore e solo parzialmente per evitare l’emergenza. La speranza è di evitare un nuovo lockdown totale.

Antonio Pesenti, membro CTS e direttore Rianimazione Policlinico, è molto franco: “A Milano girano 2 milioni di persone. Se Milano diventa come Bergamo, i camion dell’esercito non basteranno”. Mai come in queste ore l’urgenza del quotidiano si coniuga con il lungo periodo.

Milano è arrivata alla crisi del Covid con un settore dell’Intrattenimento e Food sovradimensionati, tarati su milioni di turisti che non verranno e su redditi che proprio per questa ragione non saranno prodotti. Milano dopo il Covid sarà una città con meno reddito di quanto ne avesse prima della crisi.

Il lavoro a distanza, o smart working, cambia il lavoro e riduce la richiesta di uffici. Si calcola che coinvolgerà intorno al 30% degli occupati. Milano è una città direzionale e terziaria. L’impatto sulle attività sarà travolgente.

Ultimo il Commercio, causa l’online, è stato investito, ben prima della pandemia, da un processo di ridimensionamento, specialmente nei centri commerciali. Qui la vittima principale in ordine di tempo è il centro storico che si è voluto trasformare in un’area monoprodotto di intrattenimento, food e lusso. Insomma è diventato un centro commerciale. Le sue specializzazioni trovano ora una domanda molto inferiore. Non c’è nessun biglietto di ritorno al mondo come era prima, proprio per questo difendere tutto è un errore.