A Nervi un festival di lunga data
L’ennesima rinascita estiva del primo festival di balletto creato in Italia, il Nervi International Ballet Festival edizione 2025, si è svolta nei Parchi di Nervi. Tra rose e scoiattoli, rane e treni – quei suoni d’ambiente che Merce Cunningham gradì molto quanto portò qui un Event nel 1996 – manifestazione coraggiosa nata nel lontano 1955, è culminato in un gala per celebrare la figura del suo intraprendente fondatore Mario Porcile.
Per ricordare questo genovese cittadino del regno internazionale di Tersicore – l’unico che fu capace di portare le stelle russe in Riviera superando l’allora cortina di ferro – la serata conclusiva del festival ha previsto brani dal repertorio di Royal Ballet, Hamburg Ballett, Staatsballett Berlin, Dutch National Ballet, American Ballet Theatre.
A firmare l’omaggio Jacopo Bellussi, ballerino genovese nel mondo, con Maina Gielgud, nata a Londra nel 1945, nipote del grande attore John, star con Maurice Béjart, maestra, direttrice, coreografa, talent scout. Connaisseur e organizzatore instancabile, Porcile coltivò il festival, il suo tesoro, sognando sempre di rifare grande il balletto italiano.
Kilowatt a Sansepolcro
Intanto il festival Kilowatt di Sansepolcro ha dedicato un’ampia finestra all’epopea dei Sosta Palmizi, che nel 1985 con Il cortile, fece sognare per la danza contemporanea italiana un futuro di gloria, in parallelo alla nouvelle danse francese e belga, nel momento fulgido della scoperta del Tanztheater di Pina Bausch alla Biennale di Teatro di Venezia.
Raffaella Giordano, una delle protagoniste, già con Pina Bausch e con Carolyn Carlson, che alla Fenice di Venezia guidava una giovane compagnia di danza creativa, superando la tradizione del balletto, è stata la coreografa delle danze al modo libero di Isadora Duncan nel film di Mario Martone, Capri-Revolution, nostalgia di un passato di arte e vita ribelle nella natura.
Femmine e maschi
Carolina Bianchi
Carolina Bianchi, performer, autrice, regista brasiliana quarantenne, Leone d’Argento alla Biennale Danza di Venezia 2025, diretta da Wayne McGregor, in Laguna ha proposto il secondo capitolo della trilogia Cadela Força. Il tema di fondo è la violenza di genere, subita dalla stessa Bianchi dopo essere stata drogata. Tema già ripercorso realisticamente in Boa Noite, Cinderela, il lavoro che l’ha fatta conoscere come donna-coraggio sui palcoscenici del teatro politico più radicale.
Ora Carolina Bianchi, nelle quasi quattro ore di The Brotherhood, annoda il suo caso autobiografico con quelli di tante altre figure femminili di vittime del potere oltraggioso maschile. Dall’antica Grecia di Giove stupratore la Bianchi passa a Gisèle Pelicot, focalizzandosi intanto con ferocia ironica sul grande regista-tiranno, come Jan Fabre, ed empatizzando con Sarah Kane, Marina Abramovic, Emily Dickinson.
Il corpo, il suo, e quello del gruppo di uomini che la circondano e ne commentano la parola scritta in 500 pagine dolenti – la compagnia Cara de cavalo – è protagonista di una saga potentissima.

Bullyache e la crudeltà dei nostri tempi
E molto potente è anche A good man is hard to find, creazione tutta al maschile di Bullyache, ovvero Courtney Deyn e Jacob Samuel, prodotta dalla Biennale di Venezia. I riti della vita d’ufficio, che bullizzano e vittimizzano, asservono e scatenano i giochi di potere, sfociano in un concorso di bellezza virile tragicomico e infine in un sacrificio scultoreo, con un nudo deposto, insanguinato e vinto, che rinvia a una pietà profana. Un mix esplosivo, duro e sensuale, sempre al limite della brutalità, per interpreti dalla presenza che si incide nella memoria, dove la danza, personalizzata, fluisce nei corpi di bravura ultra-umana.

Al nero
Cherish Menzo, con ascendenze nel Suriname, nata ad Amsterdam, in Darkmatter a Bolzano Danza/Tanz Bozen, festival diretto ora dal duo francese Olivier Dubois e Anouk Aspisi, ha messo in opera un altro tassello nelle vicende della danza non bianca, che ha superato l’obbligo di corrispondere alle aspettative esotiche di un pubblico in cerca di “diversità”, ma anche finalmente l’obbligo di raccontare la propria condizione sfavorita nel mondo delle arti dei bianchi.
Una cultura sovversiva della diversità, rivendicata come estetica differente, si sta facendo strada gettando uno sguardo sul futuro post-postcoloniale che è alle viste.
Il corpo nero, bello, e i suoi ornamenti “di cattivo gusto”, di metallo e di latex, con stivaloni e tacchi da vogueing anche per il partner di Cherish, Camilo Chapela. Le sue danze flessuose e marcate, la sua bellezza affermano con forza la “neritudine”, coprendo via via i corpi e i volti di secchiate di inchiostro nero, mentre nei modi dell’hip hop e del clubbing, mostrano e nascondono e criticano la rappresentazione di sé.
Il coreografo si affida alla tecnica Chopped and screwed, il modo ardito di costruzione della coreografia per flash e frammenti, con testi rap (uno intitolato Mask is the surface, un altro Fictional Body), lottando contro i clichés del “ritmo nel sangue”, troppo citato allo scopo di compiacere le platee euro-bianche e confinando “quelle danze” nella minorità.
Pina Bausch forever
A Caracalla il Balletto dell’Opera di Roma ha trovato la cornice aulica ideale per La sagra della primavera di Pina Bausch, di cui la direttrice Eleonora Abbagnato si è innamorata per sempre, dopo aver interpretato il ruolo dell’Eletta all’Opéra de Paris. Il Boléro eterno di Maurice Béjart e l’armonioso Within the Golden Hour di Christopher Wheeldon sulla musica di Ezio Bosso hanno affiancato, per contrasto, il dramma bauschiano.

Il mito della fanciulla sacrificata perché la primavera rinasca, l’anno prossimo approderà anche alla Scala, in questa stessa versione, insieme con l’Apollo di George Balanchine: inferno e paradiso appaiati nel nome del genio di Igor Stravinsky.
Il Pina Bausch Zentrum, su progetto vinto dallo studio di architettura newyokese Diller Scofido + Renfro, è ora la casa, hub internazionale per la danza e la performance, meeting place “under construction” permanente per l’arte, la società, la comunità, ospitando tutte le attività che ne continuano l’opera a Wuppertal.
Movimenti di massa
L’Aida ridisegnata, da mega-concerto pop, con la maxi mano del potere a minacciare il mondo, del fac-totum Stefano Poda, regista, scenografo, costumista, datore luci, coreografo, all’Arena di Verona, stavolta con il brivido della bandiera palestinese – Stop genocide – interpolata a sorpresa dal personale tecnico, applaudita dal pubblico – la direzione ha preso le distanze –, è un trionfo di sapienti movimenti di massa.
Una tendenza forte, che domina i social con le azioni di Sadeck Waff (Berrabah), francese, emerso dal mondo hip hop, specialità tutting, collaboratore di Shakira, vincitore di talent tv, movimentatore di decine di braccia in disegni perfetti, a geometria variabile, come in una scheggia da migliaia di visualizzazioni e like, World needs Love and Peace .
Oltre Béjart
Sulla danza per grande ensemble, il Bolero di Ravel ispira sempre ed ora è l’israeliano Shahar Binyamini a combatterci strenuamente con successo, passando oltre la hit béjartiana.
La folla del video girato per la collezione eyewear Bold di Gentle Monster-Tilda Swinton pulsa futuribile, surreale-virtuale-fictionale, coreografata dall’AI, sul set di Haus Nowhere a Seoul, sul sound di Amnesia Scanner e Freeka Tet, regia di Mau Morgó. Tilda incarna ancora da par suo il carisma della Ancient One in Doctor Strange di Marvel.
Danza e numeri
Il Tao Dance Theater di Pechino, fondato nel 2008, viaggia il mondo con le sue danze numerate, ultimamente i pezzi n.16, con 16 ballerini, ispirato alle sinuosità del dragone, e n.17, con 17 interpreti, capaci di balzi e stop improvvisi staccandosi a turno dal suolo su cui sono posizionati in forma ellittica; già 100 festival di 40 paesi li hanno accolti, ora con il sostegno di Dance Reflections di Van Cleef & Arpels.
L’arte dei ballerini, magnifica massa “sintonicamente” addestrata, non ha eguali nei super sincroni mozzafiato di cui solo loro sono capaci.







