Fabio Mauri e l’ideologia – art as an ethical choice

L'ideologia. L'immagine mostra un'opera d'arte del 1979 dell'artista Fabio Mauri chiamata
Fabio Mauri, Muro d’Europa, 1979

Nel precedente post, in cui ho introdotto gli Scritti in mostra, ho accennato ai tre temi principali a cui sono dedicate le pagine più importanti del libro: l’ideologia, la memoria e la morte. E’ una mia opinione, me ne assumo la responsabilità e non pretendo di essere obbiettivo: è impossibile con un libro così denso, con un’arte così ricca, con una tale messe di fatti relativi alla cultura europea e americana.

Un quarto settore, molto importante e intrecciato con gli altri tre, è dedicato ai ricordi autobiografici. Anzi questo è senz’altro il più diffuso, anche se può sembrare fuorviante (non lo è affatto).

Una vita dedicata all’arte

Impossibile non seguirlo anche su questo terreno, non tanto per gli incontri eccezionali di una vita dedicata all’arte (per es. Pasolini, Pirandello, lo zio Valentino Bompiani, Leo Castelli, de Chirico ecc), quanto perché lui aveva vissuto gli anni in cui a Roma nell’entourage dell’arte sbarcò la Pop americana, rivoltando il mazzo, anzi addirittura rovesciando il tavolo da gioco.

Non commenterò niente di quanto lui riporta in proposito: non intendo né farne un riassunto, né tantomeno esprimere un giudizio. Mi interessa invece accennare qualcosa di più dei temi che, a mio avviso, sono i più importanti. Soprattutto il primo, l’ideologia, per me la chiave di volta per capire il lavoro di Mauri e la sua originalità.

E’ chiaro che ciò può essere fatto, anche se in un articolo in modo riduttivo e parziale, solo per chi conosce almeno qualcuna delle sue installazioni o delle sue performances  e soprattutto abbia visto la grande mostra a Palazzo Reale di Milano (organizzata da Francesca Alfano Miglietti a tre anni dalla sua morte). Deve essere comunque chiaro che non è possibile isolare da tutto il resto (e anche dalle esperienze autobiografiche) i temi che ho scelto di commentare.

L’ideologia

A proposito di ideologia, ho parlato di chiave di volta, perché non si capisce nulla della sua rivoluzione se non si tiene conto di questo concetto. Esso nasce da una constatazione prodotta in lui negli anni giovanili, dopo una pericolosa crisi morale (fantasie di suicidio, case di cura, elettroshock) risoltasi infine con il dare spazio alla propria vocazione artistica e con l’abbraccio di una fede profonda e duratura (“sono ateo del Mondo, non di Dio”).

Si tratta di un’intuizione geniale e chiarissima relativa all’immaginario collettivo, qualcosa che distingue nettamente la cultura europea da quella americana e dalla quale nessuno è immune, per fortuna nemmeno gli artisti. Dico per fortuna, o meglio lo afferma lui, perché questa “necessità”, che ha governato le sorti della storia mondiale del secolo scorso producendo le sue tragedie e i suoi misfatti, può avere una connotazione positiva (stavo per dire giustificazione, ma mi son fermato in tempo) solo nel lavoro d’arte, assumendo però una valenza che reintroduce in questo il concetto di moralità e di ideologia.

Tale concetto è stato, in un certo periodo storico, abusato, successivamente, da tutti i sostenitori dell’art pour l’art, vilipeso. Ma alla luce dei fatti odierni o meglio della piega che ha preso l’andazzo del nostro mondo, a partire dalla seconda metà degli anni settanta dal successo della Transavanguardia e del suo papà (A. B. O.), non è chi non veda il disastro che ha prodotto averne trascurato l’importanza.

L’arte non può esistere, pena fallire il suo scopo, la sua vocazione, senza una scelta etica: in qualche modo è anch’essa ideologica, anche se di un’ideologia individuale: per quanto nascosta, per quanto soffocata dall’importanza del linguaggio, essa risulta indispensabile alla costruzione di quella che all’inizio di questi post dedicati a Mauri ho chiamato la Cupola: “La natura di cercare arte ritengo sia immeritatamente, ma immutabilmente storica”.

Leggi anche:

https://Uno sguardo dal ponte: Scritti in mostra di Fabio Mauri

L'immagine mostra un'opera di Fabio Mauri chiamata "Mia Cugina Marcella", un pannello di ferro su cui sono attaccati vari oggetti di ferro e non
Fabio Mauri, Mia cugina Marcella, 1999

 


Fabio Mauri and the Ideology

In the previous post, where I introduced the Scritti in Mostra (Written in display), I outlined the three main themes of the book: Ideology, memory and death. It is my opinion, I take the responsibility and I do not claim to be objective. It is impossible with such a huge book, such a rich art and such a harvest of European and American culture facts.

A life devoted to art

A fourth section, (which is very very important and deeply tied with the other three) focuses on autobiographical memories. It is actually the widest, even if it may seem misleading (which is not at all). It is impossible not to follow it on this subject too, not because the exceptional encounters of a life devoted to art (for example Pasolini, Pirandello, uncle Valentino Bompiani, Leo Castelli, de Chirico, etc..) but because he lived the years of the arrival of Pop Art in the Roman art entourage, remixing it if not overturning it.

I will not comment anything he says about it: I do not intend to summarize or judge it. I am instead interested in outlining more some aspects of the themes that are in my opinion the most important and the keystone to understand his work: his originality.

It is clear that this can be done (even if in an article, in a reducing and incomplete way) only for people who knows at least some of his installations and performances and overall, had seen the great exhibition at Palazzo Reale in Milan (organized by Francesca Alfano Miglietti, three years after his death). It must be clear anyway that it is not possible to isolate from the rest (of the autobiographical experiences too) the themes I decided to comment.

The ideology

Speaking of ideology, I talked about keystone, because nothing of its revolution is understandable if we do not consider this concept. It starts from an interior protest produced in his youth after a dangerous moral crisis (suicidal fantasies, health clinics, electroshock) solved by giving space to his artistic call and in the embrace of a deep and enduring faith (“I’m atheistic of the world, not of God”).

It is a brilliant and very bright intuition related to the collective imaginary. This is something that fully distinguish the European culture from the American one and from which nobody is immune, luckily not even artists. I said luckily, or he says it, because this “necessity” that ruled the fate of world history in the last century, producing its tragedies and misdeeds, can have a positive aspects (I was going to say “justification” but I stopped myself in time). This can happen only in the work of art, but gaining a significance that reintroduces in it the concept of morality.

During a certain historic period, this concept has been enormously abused first, then, surprisingly neglected and therefore vilified by the art pour l’art movement. But in light of the contemporary facts, or better, the way of our world from the mid-seventies and the success of Transavanguardia and its dad (A.B.O) the responsible for the disaster cannot be blamed.

Art cannot exist without an ethical choice (the lack of it will decree its failure). Art is in some way ideological too, even if an individual one. Despite being hidden and suffocated by the importance of the language, an ideology is essential to build what at the beginning of these posts dedicated to Mauri I called la Cupola (the Dome): “I believe that the nature of looking for art is undeservedly but undeniably historical”.

L'immagine mostra un opera di Fabio Mauri chiamata Spruzzatore Ariano. Una scultura che ricorda una pistola a tamburo con il titolo inciso sulla canna
Fabio Mauri, spruzzatore ariano,1995