Quando il giornalista maltratta la lingua
Compito primario del giornalista non è, certo, educare. E per fortuna, aggiungiamo. Anche perché, mal educati come sono nella formazione scolastica negli ultimi lustri, sul piano etico maleducherebbero lettori e uditori. L’obiettivo connesso al loro impegno nella scrittura è da raggiungere a tutti i costi e subito, ogni altra attenzione, stile, linguaggio, è assolutamente secondaria. Si tratta, appunto, del marchio di una formazione alla carlona, approssimativa e pressappochista.
Lingua delegittimata
Qual è l’idea diffusa? Che tutto è possibile, che nulla è criticabile, che nessuno è legittimato a criticare e tanto meno a sanzionare, fosse anche qualcuno che sta sopra di me nella scala gerarchica. Che fa la politica? Che fa il mondo della comunicazione? Diventano esempi imitabili e molto imitati, formando una catena di S. Antonio dell’ignoranza. E, questa, per quanto detto prima, riguarda non solo la grammatica e la sintassi (che, poi, se è un comunicatore o pubblicitario a cadere nell’ignoranza, avrà facilmente l’alibi di essere un creativo).
La lingua optional
Nei giornali importanti, il novizio faceva apprendistato prima di essere considerato autonomo. E, stile a parte, imparava ciò che verosimilmente ancora non sapeva: come si scrive. D’alta parte, il musicista diventerà un campione dell’interpretazione col suo strumento, ma senza mai eludere la teoria musicale, a cominciare dalla grammatica e dalla sintassi. Insomma, distinguiamo tra l’ignoranza e la devianza. La prima è non sapere e non capire che certe regole non le abbiamo rispettate: le ignoriamo tout court. E se qualcuno deputato a farlo ci corregge, ne restiamo sorpresi. E sì, perché l’ignoranza è spesso accompagnata dalla supponenza e ben raramente dall’umiltà.
W la Rai
Alla Rai un giornalista conduttore con tono esultante improvvisamente dice: questo è giusto sottolinearlo… qualunque siano le circostanze. Ovviamente uno che sa, può sbagliare e correggersi subito. Ma se tira dritto, vuol dire che per lui tutto è ok. Vai a dirgli che l’aggettivo indefinito qualunque, nel caso si riferisca a un sostantivo al plurale e introduca una proposizione relativa col verbo essere, diventa quali che (non ti diremo nulla, quali che siano le tue aspettative).
Pignoleria? Scolasticismo? Direi semplicemente fatto etico. Riguarda la deontologia professionale in sede pubblica. E sotto due aspetti: uno è l’esempio maleducante e la sciatteria (ragione etica), l’altro si riferisce all’etica della formazione, perché è lì la radice del problema. Nulla di diverso del caso in cui uno studente di medicina, che prima o poi curerà qualcuno, scambiasse il monossido di carbonio (CO) con l’anidride carbonica (CO2). Uno potrebbe dire: ma ormai l’inglese, diffusissimo e inevitabile, ci spinge a ibridare oltre ogni anacronistico purismo. Gli inglesi che scrivono non commettono errori con la loro lingua. E poco importa che quella lingua abbia una grammatica e una sintassi meno tortuose di quella italiana.
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