Politiche Green, la grande frenata

Politiche Green, la grande frenata
Immagine di Bill, Headframe, Estrazione

La Germania e le politiche radicali dei sostenitori del Green

Crollano nei sondaggi i Verdi tedeschi responsabili , agli occhi degli elettori, di aver promosso una transizione Green radicale verso la decarbonizzazione. Il passo falso sulle pompe di calore dal costo di 30 mila euro, che volevano imporre come sistema di riscaldamento delle case, e il divieto di vendita dal 2024 delle economiche caldaie a gas da 5 mila euro, li penalizzano tra gli elettori. Il ministro Verde dell’Economia Habeck è stato ridicolizzato in una serie infinita di vignette. I Verdi passano nel giro di un anno dal 23 % al 9,8%. Afd, il partito che occupa l’estrema destra dello spettro politico tedesco, cresce dal 4% fino al 13%. A Berlino vincono le elezioni comunali le forze di centro e diventa borgomastro per la prima volta da anni il CDU Kai Wagner.

Dalla Germania all’Italia

L’evoluzione del quadro politico tedesco ha azzerato il senso di tranquillità e sicurezza che, dopo la rielezione del sindaco Sala, al secondo mandato, si respirava nell’amministrazione milanese. Tutte le iniziative in cantiere di politica verde vengono ora soppesate con estrema attenzione. Decarbonizzare è costoso e implica uno sforzo finanziario collettivo che molti non possono affrontare. Per questa ragione l’amministrazione guidata dal sindaco Beppe Sala e dall’assessore alla Sicurezza Marco Granelli ha deciso di schiacciare il freno su ogni iniziativa di “politica Green” che possa sembrare divisiva e pesare sugli strati sociali a minor reddito.

L’Europa, le elezioni e il “Green” Timmermans

Manca ormai meno di un anno alle elezioni europee.  Il presidente della Unione Europea Ursula Van der Leyen da politica super esperta è ormai entrata in modalità elezioni. Ma soprattutto il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, vissuto dagli elettori come un sostenitore della decarbonizzazione rapida e della transizione verde senza riguardo ai costi, diventato un imbarazzante presenza, è praticamente scomparso. A Milano non si parla di alcun invito a membri della Commissione Europea.

Il sindaco Sala e la sua giunta procedono ora con i piedi di piombo. Fino alle elezioni europee la cautela regnerà sovrana. Certo l’opposizione di Centrodestra ha già anticipato giudizi molto critici sull’operato del sindaco Sala ma nonostante inchieste televisive, come quelle del giornalista Nicola Porro le controverse “Zuppe di Porro”, pochi si azzardano sul terreno di polemiche radicali.

Politica e disuguaglianze

Le grandi aree metropolitane sono diventate un acceleratore di diseguaglianze e un vortice in cui le politiche sociali si dimostrano poco efficaci. Questo lo sanno benissimo sia le forze di governo che quelle di opposizione. Vedasi il caso dei flussi di turismo mescolati ai viaggi di lavoro e visitatori in un insieme tipico da società postindustriale come quella di Milano. Una torta molto ricca praticamente senza regole per l’importo di qualche migliaio di miliardi. Sono più di 11 milioni, secondo statistiche ufficiali e non, i cosiddetti visitatori.

Tutti d’accordo su politiche innovative?

La diatriba tra il sindaco di Milano, il suo assessore Maran e il ministro del turismo Santanchè illustra il conflitto di interessi tra piccoli proprietari sugli affitti brevi e quelli dei grandi albergatori che detestano i B&B. In mezzo c’è anche il ricco mercato degli studenti fuori sede, circa 70 mila su un totale di oltre duecentomila fanno di Milano il primo centro universitario italiano e un grande centro per affitti annuali. Politiche innovative richiederebbero una revisione strutturale del PGT, lo strumento urbanistico attualmente in vigore che sembra invecchiato anzitempo. Tutti sono d’accordo ma probabilmente solo a partire dal giorno dopo delle elezioni europee.

Dello stesso autore: The rise and fall of European cities – Economie parallele, Amsterdam, Barcellona, Milano