Quando nel 1865 si decise di spostare la capitale da Torino a Firenze, in attesa di Roma, nessuno si aspettava il gesto clamoroso della distruzione delle mura trecentesche di Firenze a Nord dell’Arno. L’idea dell’architetto Giuseppe Poggi era quella di realizzare dei viali di circonvallazione sull’esempio del Boulevard Hausmann a Parigi, per adeguarla a temporanea capitale italiana. Ferdinand Gregorovius, famoso storico della Roma dei Papi, sollevò l’indignazione dell’Europa contro il neonato stato italiano. Milano ha seguito l’esempio di Firenze e al posto delle Mura Spagnole seicentesche ha ricavato una cerchia stradale non sempre all’altezza delle aspettative. Ha demolito il Lazzaretto per costruire quattro isolati a fianco di quello che ora è Corso Buenos Aires, ma già prima lo aveva attraversato con una linea ferroviaria. Negli anni tra le due Guerre Mondiali ha interrato la cerchia interna dei Navigli che collegava il Naviglio della Martesana con la Darsena. Poi è venuta la volta nel primo Dopoguerra della rottura del Ring ferroviario, un anello che faceva Milano simile alla Berlino capitale del Reich e capitale dell’industria tedesca.
Milano è diventata una città fabbrica, dove è stata inventata la Modernità politica italiana. Il crollo dell’industria ha rappresentato l’occasione per la conversione di queste aree. Milano ha riconvertito a uffici e residenziale anche uno dei simboli del miracolo economico: la Fiera Campionaria. Negli stessi anni Monaco di Baviera ha trasformato la sua area fieristica in un parco pubblico. Ma la città tedesca si differenzia anche perché ha rinaturalizzato le rive dei corsi d’acqua che la attraversano. I cittadini milanesi hanno votato a favore della riapertura dei Navigli ma il costo, circa 400 milioni, ha dissuaso i politici locali.
Il sindaco Beppe Sala conclude il mandato con l’approvazione dei progetti per la rigenerazione di sei delle sette aree degli scali ferroviari, gangli vitali della Milano industriale. Non molto rimarrà di queste aree ferroviarie sia per il carico e scarico merci che per lo stazionamento di vagoni. Le politiche “verdi” con la loro idea di risparmio del suolo agricolo hanno condannato a un riuso urbano intensivo di queste aree. La rigenerazione urbana cancella così parte importante della storia industriale di Milano, lasciando solo edifici sparsi che la ricordano. Almeno per lo Scalo Romana il destino poteva essere diverso.