Geoculturando

Ti può venire la voglia di arrenderti, se ti ostini ad affrontare il problema esclusivamente con la razionalità. Hai, infatti, la piena coscienza che il mostro cieco è incontrastabile, e non hai scampo. Altro che la lotta dei lavoratori contro il capitalismo! Il global system, tra comunicazione cieca e cieca moltiplicazione del denaro, è ferocemente ben di “più” del Re Sole, perché non ha limiti geografici e neanche concettuali.

Mettendo da parte l’idea di fare, diciamo marxianamente, vane lotte al global, hai due modi per sopravvivere, economicamente e psicologicamente: a) calarti  nel locale in senso regressivo e depressivo, quindi sconfitta; b) calarti nel locale per agitarlo, agire attivamente in esso e per esso. Vorrebbe dire, questo, nazionalismo? No, no. Invece: il locale geografico, il “più locale” possibile. Più è ristretto e più efficace sarà la tua azione: a favore di quel territorio, della sua/tua gente, e tuo. Più ampio è il “locale”, e più ti avvicini al macrolocale. Questo però, perché sia pur sempre agguantabile, non può andare oltre l’idea di stato. Certo, ormai quello dinamico, aperto e consonante con i ritmi – temporali e spaziali – del caos, del frammentazione, del multiculturale, dell’interlinguaggio. In consonanza, non meno, con il principio nuovo di periferia. Che è uno dei capisaldi di questa rivista proprio perché è diventata, negli ultimi decenni, riferimento “centrale”, vale a dire imprescindibile e determinante. Detto diversamente, la periferia come centro, e non più luogo “reietto” – a causa dell’emarginazione – sul piano comunicazionale e concettuale.

Quindi ipotesi verosimile di coincidenza tra macroperiferia e nazione, comunque sia quest’ultima: aperta o chiusa al “contagio” con altre culture e altre economie, aperta o chiusa all’ibridismo, alla sinergia, allo sharing ampio, alle “emergenze permanenti”, al dinamismo iperbolico dell’universo digitale. Il sovranismo? Il populismo? Quest’ultimo è forse da considerare premessa al primo. Sono principi transitori, perché strategici, mirati ai regimi forti, qualunque sia la decorazione di facciata. Raggiunto lo scopo, renderanno quella nazione sofferente, molto di più di quanto non sia accaduto nella storia dell’umanità. E questo appena la gente si sentirà protetta ma allo stesso tempo murata dai muri e magari senza misure di contenimento dei disastri ambientali.

Qualcuno, intanto, da lassù, vale a dire dall’alto della sua potenza terrena, mostro cieco, va per la sua strada globale, senza alcun principio etico. Tanto che non se la ride neanche, né apertamente né sotto i baffi. Tu, vittima senza colpa, non ci fare caso, fai come se non ci fosse. Qualcuno, tra l’altro, ti dirà proprio questo. Tu sei individuo, gente che una volta apparteneva a un ceto sociale. Adesso sei digitalizzato, codificato e decodificato a livello mondiale. Sei una star giocoforza. Ma puoi giocare la tua forza muscolare e mentale nel locale, nella nuova periferia-centro, dove ti è possibile guardare qualcuno negli occhi non avatarizzati. Da lì, però, diffondi il verbo del locale, globalizzandolo ma senza globalizzarti. E c’è anche il tuo contributo possibile alle “emergenze permanenti” ambientali. Fyinpaper farà il poco che può: For Your INterest.