Tempi di emergenza, anche europea

Un debito pubblico condiviso in Europa? immagine di un capellino rovesciato pieno di banconote

Debito pubblico condiviso fra gli Stati membri dell’Europa?

In sede di Consiglio Europeo, il primo ministro portoghese Antonio Costa è stato chiarissimo: «O l’Unione Europea fa ciò che deve essere fatto o finirà di esistere». In realtà l’opinione pubblica degli Stati mediterranei più colpiti dalla pandemia – Italia, Francia, Spagna e Grecia – non ha potuto constatare un atteggiamento di forte solidarietà da parte del più ricco Nord dell’Europa. Come conseguenza, ai partiti ostili all’Unione si sono aggiunti diversi nuovi siti web che pericolosamente remano contro la Ue.

Due sono i motivi. Il primo è che Bruxelles non ha promosso azioni concrete e tempestive nelle ore più buie della bufera epidemica. Il secondo è che quelle poche cose che ha fatto – anche se rilevanti – non sono state rese note in maniera adeguata dai media del continente. Gli enormi aerei cargo che giungevano da Mosca, le équipe cinesi di medici, e perfino il generoso gesto dell’Albania che ha inviato qualche operatore sanitario in Italia, hanno avuto ben altra eco emotiva del trasporto di pochi pazienti di lingua tedesca dall’Alsazia e dal Tirolo e delle forniture mediche inviate nella penisola.

Un vero e proprio fallimento del principio di sussidiarietà su cui si baserebbe l’Unione, secondo il quale i Paesi che affrontano un problema che da soli non possono risolvere devono essere «sussidiati» dagli altri membri della Ue (art. 222 del Trattato di Lisbona). Perfino il prestigioso Die Zeit in un suo editoriale non ha potuto fare a meno di criticare sia il governo tedesco, sia gli organi decisionali dell’Unione per le loro indecisioni e lentezze. Anche perché qui non si tratta di perfezionare con comodo trattati commerciali, ma di salvare vite umane.

Inoltre, non si tratta solo di questo, perché esiste anche il problema del dopo, del rilancio dell’economia. In quest’ottica, l’idea di creare un debito pubblico comune in Europa per ora non è accettata da Berlino. La classe dirigente tedesca ritiene, infatti, poco responsabili i governi di alcuni Stati con cui esso andrebbe condiviso. Ed è su questo punto che si arenano le trattative. I tedeschi e i Paesi del Nord temono di dovere pagare in futuro il debito pubblico accumulato dagli stati europei mediterranei.

È certamente comprensibile, ma è anche vero che l’integrazione europea deve necessariamente passare per questo collo di bottiglia, altrimenti continuerà a essere solo mercato comune e moneta unica. Intanto gli intellettuali tedeschi si sono massicciamente schierati contro il loro governo e a favore dei Paesi del Sud, considerando l’obiettivo ideale di un’Europa veramente unita molto più rilevante dei sacrifici momentanei che occorrerà affrontare, anche se dovessero rappresentare un debito pubblico in comune.