La riscoperta di André Derain al Museo di Mendrisio

André Derain Mendrisio, mostra del pittore francese, natura morta con piatti, posate, frutta bicchiere brocca

André Derain a Mendrisio

Di tutti gli artisti che hanno contribuito alla grande rivoluzione artistica dell’inizio del Novecento a Parigi André Derain (1880-1954) sembra essere il meno celebrato.

Certo, come dimostra la mostra di André Derain a Mendrisio, non è mai stato dimenticato, ma al ruolo che ha avuto  nella fondazione del Fauvismo e poi del Cubismo non è mai stato dato il giusto rilievo. Ciò è forse dovuto al fatto che non ha mai voluto legarsi ad una scuola. E forse c’è anche il fatto che era un uomo a cui piaceva la sperimentazione, ma non la creazione d’uno stile di pittura. Basta pensare all’Autoritratto del 1903 per capire che il giovane artista non intende seguire una strada convenzionale: si presenta in una posa teatrale, le gambe aperte e il braccio teso, quasi a voler lanciare una sfida allo spettatore.

Ha già incontrato Henri Matisse e Maurice de Vlaminck, suo coetaneo, con cui va a dipingere nella regione di Chatou, la sua città natale. Ha lasciato gli studi tecnici e decide di frequentare l’Académie Julian a Parigi. Nell’estate del 1905 si trasferisce con Matisse nel sud della Francia e dipinge quadri audaci, come Le Séchagedes toiles, dove vele bianche si rispecchiano nell’acqua del porto.

I due amici presentano i loro lavori al Salon d’Automne e il critico belga Louis Vauxcelles parlerà con disprezzo di « gabbia dei Fauve » quando vedrà la sala dove sono esposti. É così che ha origine l’idea del Fauvismo. Già nel corso dei primi anni del secolo, Derain si interessa da vicino alla costruzione di uno spazio simile a quello ricercato da Cézanne. Ma, in modo paradossale, crea composizioni dove una varietà di colori si confrontano, come, nell’ambito della mostra, Scène d’intérieur. Nel paesaggio del 1906 intitolato L’Estaque, emerge chiaramente la sua volontà di associare il rigore dell’architettura dello spazio e il gioco libero dei colori.

Derain, che è stato il primo artista parigino ad interessarsi all’arte africana, cerca un’altra via per la sua pittura. Il suo gusto per il primitivismo lo porta ad accostarsi ai primi tentativi del Cubismo. Diventa amico di Pablo Picasso e, nell’estate del 1910, va a lavorare con lui, soprattutto negli Hauts-de-Cagnes. É da notare come continui a trarre insistentemente ispirazione da Cézanne, come se non volesse andare oltre certi limiti formali. Anche se è un pioniere,  non vuole essere imprigionato nella rete di una corrente. Le sue Bagnanti (1908, Galleria Nazionale di Praga) sono sicuramente uno dei quadri cubisti più belli, sempre in omaggio a Cézanne.

Ma dal 1911 comincia ad allontanarsi dall’ideale cubista che Braque e Picasso sviluppano fino ad arrivare al cosiddetto « Cubismo analitico ». Derain non li segue. Al contrario, va a cercare nel passato dell’arte nuovi punti di partenza. Alcuni hanno parlato di «realismo magico»: la definizione, anche se poco precisa, è utile a far capire che si tratta di un cambiamento importante.  L’artista abbandona l’avanguardismo radicale senza adottare una posa accademica. Dopo la guerra, quando Picasso e tanti altri fanno ritorno al neoclassicismo, compie ricerche originali. A partire dal 1918 i suoi paesaggi sono d’una stranezza rara. L’Annonce faite à Marie (1919 circa), che si può vedere a Mendrisio, colpisce perché, nel mostrare un sottobosco con alberi curvi e uno straordinario groviglio di piante, rivela una vicinanza a quegli artisti che si stanno dirigendo verso un certo « ritorno al mestiere ».

In qualche modo, Derain sembra potersi accostare agli italiani del Novecento, ma, più di essi, egli vuole offrire la sua personale interpretazione dell’arte d’una volta. I nudi che dipinge tra il 1920 e il 1930 sono ben significativi di questa sua svolta. Vi si trova una mescolanza di spirito classico e di giochi modernisti. Le sue nature morte contengono spesso uno sfondo nero e, anch’esse, rappresentano una via di mezzo tra il passato e il presente dell’arte. Egli rimane dunque un creatore singolare.

Geneviève à la pomme (1937-1938) è una bellissima dimostrazione di quello che è il suo intento: trovare un nuovo modo di presentare un argomento, usare elementi visuali tratti dai secoli scorsi, ma con motivi che sono testimonianza del suo tempo.

Ci sarebbe tanto da dire sulle sue sculture e ancora di più sulle illustrazioni, i progetti per i costumi teatrali e le  scenografie. Lavora per il balletto russo e, nel 1919, crea l’universo della Boutique fantastique di Diaghilev.

I libri sono ancora più affascinanti: nel 1908, realizza xilografie per L’Enchanteur pourrissant di Guillaume Apollinaire. Amerà sempre illustrare grandi opere letterarie, come Pantagruel di François Rabelais del 1943.

Se non i capolavori di André Derain, a Mendrisio il museo è in grado di mostrarci disegni, tele, sculture e bozzetti che danno un’idea dell’evoluzione dell’arte di Derain in tutta la sua complessità. Si passa da una sorpresa all’altra, ma anche ad una migliore conoscenza del lavoro d’un grande artista che non ha mai goduto della considerazione che pure avrebbe meritato.