Disunione, la forza del virus

Europa, figlia di re Agenor, siede su un tranquillo toro dalle corna ornate di fiori. Intorno a lei e all'animale vi sono alcune giovani servette, un cane e degli angioletti. Sul fondo, un cielo sereno e il mare calmo.
Sebastiano Ricci, Ratto di Europa, 1720, olio su tela

Lo spettacolo di ventisette Paesi che dichiarano di voler appartenere a un’Unione politica – l’Unione europea – e non riescono neanche a creare una struttura di coordinamento per l’inedita ma preannunciata pandemia, è il regalo migliore ai partiti antieuropeisti.

È sembrato che tutti fossero d’accordo nell’aspettare che il problema si manifestasse in tutta la sua gravità per intervenire. Errore grave. I reportage che i giornalisti inviavano dalla Cina rendevano un’idea di ciò che sarebbe accaduto in Europa, e non solo. Le epidemie si prevengono, non si aspettano.

I virus sono molto più veloci delle burocrazie. Lo si è visto subito in Italia, quando il sistema sanitario ha fatto il possibile e l’impossibile per ricoverare e curare un numero imprevisto di malati, nonostante la scarsa disponibilità di respiratori. L’insufficienza respiratoria che porta al decesso non è conseguenza di un’ordinaria influenza, ma c’è voluto del tempo perché i virus-scettici ne prendessero atto.

Alla fine del 2019 molti medici avevano fatto sapere di aver visto un numero elevato di casi di polmoniti gravi, ma la cosa era passata quasi inosservata. I ricercatori, sulla base di ciò che avveniva in Cina, avevano invitato le istituzioni sanitarie a prepararsi. Il direttore dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) più di una volta aveva avvertito che eravamo di fronte a un virus «unico», intendendo che non si disponeva di alcuna conoscenza di esso.

Fino a quando il virus è arrivato. A questo punto i politici, invece di elaborare protocolli unici di intervento e rafforzare le strutture ospedaliere impreparate a un simile evento, hanno abbozzato Stato per Stato – anzi regione per regione – una propria politica di contrasto. Con l’esclusione dell’Italia, la tendenza iniziale europea è stata quella di sottovalutare il contagio. Manifestazioni collettive più o meno giocose, come la convention dei Puffi in Francia, incontri calcistici, maratone, etc, non si contavano, mentre in Italia si contavano i primi decessi.

Dopo aver dato al virus la possibilità di vivere e riprodursi, si è passati all’azione. Gli aeroporti chiusi, Schengen sospeso, gli assembramenti vietati, studenti e professori a casa. I ricercatori, ormai abituati a non essere presi sul serio, si danno da fare per mettere a punto terapie e vaccini. Si è aperta la caccia alle mascherine e ai respiratori, la cui insufficienza in termini di scorte oggi è drammatica.