Valentina Parisi, dal lager di Königsberg

nella foto in bianco e nero si vede, in primo piano sulla destra, una donna, che è un'ausiliaria dell'Armata Rossa, con in mano una specie di bandiera.
Un'ausiliaria dell'Armata Rossa.
Il lager di  Königsberg (oggi Kaliningrad)

Sono tante le storie e molti gli idiomi in campo: russo, polacco, tedesco. Questo  per raccontare vicende di famiglie collegate al lager di  Königsberg (oggi Kaliningrad). Intanto un nonno, Giovanni Magnaghi, prigioniero dei tedeschi, dopo l’8 settembre. O, per meglio dire, trattenuto come “alleato non collaborativo”, dato il rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò.

nella foto a colori si vede un foglio che è il lasciapassare di un campo di concentramento con il nome di Giovanni Magnaghi.
Il lasciapassare del nonno di Valentina Parisi, Giovanni Magnaghi.

La nipote, Valentina Parisi, slavista, ha ricalcato i passi drammatici del suo progenitore in un viaggio, zaino in spalla, per esplorare quel pezzo di Nord-Est d’Europa, tra Lituania, Bielorussia e Polonia. Un’area pluritraumatizzata da scelte politiche e tragedie belliche.

 

Da quest’esperienza ha ricavato Una mappa per Kaliningrad, La città bifronte (edizioni Exorma, Roma, 2019). Narra a fondo, con slancio empatico e fresco, quella che fu la prussiana Königsberg,  immergendosi nelle sue stratificazioni dolorose, pur senza trovare la cantina in cui il nonno aveva provato a rifugiarsi.

Due storie dal campo di concentramento
nella foto a colori si vede un lasciapassare di un campo di concentramento, con il nome di Lorenzo Guzzo.
Il lasciapassare del nonno di Elisa Guzzo Vaccarino, Lorenzo Guzzo.
 

Ma ha individuato invece lo stesso lager, una ex-città giardino, dove anche mio padre, Lorenzo Guzzo, fu internato per un anno in custodia tedesca, in quel medesimo Stalag denominato I A. Ne uscì con un “foglio di liberazione”, analogo a quello di Magnaghi, e firmato dallo stesso responsabile. Una scoperta di condivisione di destini familiari dovuto alla coltissima docente dell’autrice, Nicoletta Misler, mia amica, esperta di arte russa, con cui ho avuto il piacere di collaborare per mostre e pubblicazioni.

 

Valentina Parisi ha un Dottorato in Letteratura Russa alla Statale di Milano e ha scritto sull’editoria clandestina sovietica (Il lettore eccedente, Edizioni periodiche del samizdat sovietico, 1956- 1990, il Mulino, 2014), ha pubblicato Guida alla Mosca ribelle per Voland (2017) e ha tradotto dal russo testi di Pavel Florenskij, Lev Bakst, Vasilij Grossman e Anton Čechov.

nella foto in bianco e nero si vede un palazzo, il palazzo dei soviet, con un'antenna sul tetto.
Il Palazzo dei Soviet

 

Brillante, avventurosa e poliglotta, indaga l’oggi e il passato di quella Königsberg, cioè montagna regale, patria di Emmanuel Kant e di Hannah Arendt. Terra di più popoli, tra cui i Cavalieri teutoni e non pochi ebrei, rasa al suolo dai bombardamenti alleati nel 1944 e cannoneggiata dall’artiglieria dell’Armata Rossa, per essere poi intitolata a Mikhail Kalinin, presidente del Presidio del Soviet Supremo dal 1919 al 1946.

Nell’affanno di trasporti complicati e orari di voli da non perdere, Parisi incontra monumenti, architetture, case di artisti, scrittori e filosofi, rovine, persone e vite, affascinata da episodi con cui sorprende il lettore: la donna tedesca che ha le chiavi di quella che fu casa sua, e quella russa che ha la casa ma non le chiavi.

 

 

La ex proprietaria tedesca, dopo decenni di lontananza, vuole consegnare quelle chiavi alla famiglia che ora ci abita, ma la nuova padrona russa le chiude la porta in faccia, non volendone più sapere di ciò che era stato “prima”.

Indimenticabile, poi, anche il vecchio ippopotamo sopravvissuto in uno zoo dove il guardiano lo cura con la vodka, unico farmaco a sua disposizione. Almeno loro due si vogliono bene.