GIOVANNI CARUSELLI – Secondo l’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (INPE), l’agenzia governativa brasiliana che fra i suoi incarichi elenca il monitoraggio della deforestazione del Paese, gli incendi nel polmone verde del mondo sono aumentati dell’83%. Il dato, ottenuto confrontando i primi sette mesi del 2019 rispetto quelli del 2018, è allarmante. Tuttavia, in Brasile, dopo la diffusione di queste informazioni sui roghi, si sono verificate circostanze imbarazzanti. Infatti, i primi giorni di agosto 2019, Ricardo Galvão, direttore dell’INPE, è stato licenziato. Qualche tempo prima, nel mese di luglio, si era scontrato con il presidente Jair Bolsonaro che lo accusava di screditare il governo servendosi in maniera scorretta dei dati sulla deforestazione ricevuti dal satellite DIETER. La vicenda è descritta con estrema precisione sul sito web di Science, in un articolo pubblicato il 4 agosto scorso.https://www.sciencemag.org/news/2019/08/brazilian-institute-head-fired-after-clashing-nation-s-president-over-deforestation
I retroscena sono ormai ben noti. Il presidente Bolsonaro, fin dall’inizio del suo mandato, si è dichiarato a favore di uno «sfruttamento ragionevole» della foresta amazzonica. Quindi, ha emanato un provvedimento che toglieva alle popolazioni indigene la competenza sulla conservazione di quell’area del Brasile, per assegnarlo al Ministero dell’agricoltura che, fra i suoi obiettivi, ha il potenziamento della produzione di soia, con conseguente esigenza di nuovi spazi coltivabili. Quale la soluzione? Disboscare. Cosa che, peraltro, riesce utile anche per ottenere nuovi pascoli di cui gli allevatori sono affamati. L’industria brasiliana delle carni bovine è la più grande al mondo. Dunque, è ipotizzabile che essa operi pressioni sugli organi di governo per crescere ancora. Non solo. La legge brasiliana vieta ai proprietari terrieri di disboscare più di un quinto delle loro proprietà. Un efficiente servizio di sorveglianza faceva rispettare questa norma ma, con la presidenza Bolsonaro, tale servizio sembra molto meno incisivo. Si dice che nello Stato del Pará alcune associazioni di contadini abbiano addirittura istituito il Dia do fogo (il giorno del fuoco). Non bastasse, il Ministro dell’ambiente, Ricardo Salles, ha espresso perplessità sul fenomeno del riscaldamento globale e ha contestato il Fondo Amazzonia, finanziato anche da Germania e Norvegia. Salles ha dichiarato che il Fondo Amazzonia, istituito per la tutela delle foreste allo scopo di rallentarne la scomparsa, sarebbe gestito in modo poco chiaro. Così i governi di Oslo e Berlino hanno congelato i versamenti al fondo, nella convinzione che l’esecutivo di Brasilia non abbia alcuna intenzione di salvare l’Amazzonia. https://www.reuters.com/article/us-brazil-environment-norway/norway-stops-amazon-fund-contribution-in-dispute-with-brazil-idUSKCN1V52C9
Il Brasile è un grande Paese che gode di piena sovranità. Bolsonaro è stato eletto democraticamente dal popolo, dunque le censure alla sua politica non possono diventare condanne che giustifichino azioni collettive contro il suo esecutivo. Nonostante ciò, il 23 agosto scorso, in molte importanti capitali del mondo si sono tenute imponenti manifestazioni di fronte ad ambasciate e consolati brasiliani. Alcuni autorevoli periodici internazionali hanno informato l’opinione pubblica di quanto sta accadendo e hanno riportato alcune possibili forme di pressione da esercitare sul governo Bolsonaro. Si è proposto di sospendere la ratifica del Trattato Commerciale Ue-Mercosur, come minacciato dal presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha accusato il Brasile di avere mentito sui propri impegni a favore del clima durante il G20 di Osaka, tenutosi lo scorso giugno.
Si è ipotizzato anche il boicottaggio delle carni importate dal Brasile. Tuttavia misure di questo genere rischiano di fomentare ondate di nazionalismo populistico e di rafforzare la posizione di Bolsonaro. La mobilitazione ha coinvolto anche la Chiesa cattolica che già nel 2017 aveva annunciato un Sinodo speciale per l’Amazzonia da tenersi nel 2019. Esso, infatti, è previsto per il prossimo ottobre in Vaticano. Insomma, tutti contro Bolsonaro? No, l’ex capitano riservista ha il suo asso nella manica: il grande Donald. Trump, all’inizio silenzioso, ha poi concesso pubblicamente il suo sostegno politico al presidente brasiliano, assicurandogli l’aiuto degli Usa per spegnere gli incendi. Nel frattempo, all’apertura del G7 a Biarritz, Bolsonaro ha mobilitato 44.000 uomini dell’esercito e una squadriglia di aerei per fronteggiare l’emergenza. Ha dichiarato che le Ong, da lui private negli ultimi tempi dei sussidi statali e internazionali, potrebbero essere responsabili degli incendi o almeno di alimentarli. Intanto l’Amazzonia brucia e il mondo piange.