L’Eu, quarto incomodo

Roman Stanczac, “Flight” (2017-19), installazione esposta alla Biennale Arte di Venezia 2019. L’artista polacco sconvolge le varie parti, e relative funzioni, di un aereo simboleggiando “un inatteso ribaltamento del mondo”
Roman Stanczac, “Flight” (2017-19), installazione esposta alla Biennale Arte di Venezia 2019. L’artista polacco sconvolge le varie parti, e relative funzioni, di un aereo simboleggiando “un inatteso ribaltamento del mondo

GIOVANNI CARUSELLI –

La presidentessa della Commissione, Ursula von der Leyen, deve affrontare una questione delicata, ovvero i rapporti fra il Vecchio Continente e i tre protagonisti delle vicende planetarie attuali: gli Usa, la Cina e la Russia. Fino al periodo preelettorale i media europei individuavano come massimo problema dell’Eu il conflitto fra europeisti e sovranisti. Si temeva che questi ultimi avrebbero messo in discussione il futuro dell’Unione. Ma la marea nera non c’è stata e si è potuto a ragione parlare di una vittoria sui sovranisti in massima parte di Destra. La presidenza Trump, tanto sbeffeggiata agli inizi per gli istrionici comportamenti del vecchio Donald, si sta imponendo, invece, come protagonista di una svolta storica nei rapporti euroatlantici. Violando il politicamente corretto, ha definito senza mezzi termini gli europei competitors, ha incoraggiato pubblicamente la Brexit e ha fatto sapere che gli Usa privilegeranno i trattati bilaterali su quelli del multilateralismo.

Inoltre ci ha presentato il conto delle spese militari che gli Usa hanno sostenuto per proteggere l’Europa dall’Urss in passato, avvertendo che d’ora in poi dovremo pagare per difenderci. Esagerando un po’, si può dire che ha chiuso formalmente l’epoca del secondo dopoguerra con la guerra fredda e tutte le sue conseguenze. Bisogna incassare e provvedere. E bisogna anche smetterla con la retorica che ci presentava gli Usa come amici affettuosi e compagni di strada sulla via del progresso. Il problema vero per gli Usa adesso si chiama Cina.

Questo colosso demografico, in futuro economico – e forse anche militare – procede speditamente verso una nuova colonizzazione del mondo. Acquista porti e avamposti ovunque, offre prestiti enormi, stipula trattati commerciali, avvia nuove vie (della seta) che promettono di trasformarsi in una rete nella quale tutti possono restare intrappolati, minaccia apertamente l’Estremo Oriente considerandolo zona di sua esclusiva influenza. Pechino viola sistematicamente i diritti umani, non ha istituzioni democratiche e non manifesta la benché minima apertura ad esse. L’Ue fino ad ora ha cercato di difendersi dalla penetrazione economica cinese, ma i Paesi più deboli del continente – e con minori tradizioni democratiche – subiscono l’attrazione delle centinaia di milioni di dollari che periodicamente vengono loro offerti (in prestito). La «nuova» Russia di Putin, oltre a riprendersi qualche pezzo di Urss perduto con il tracollo del 1989 – cioè la Crimea e parte dell’Ucraina – rema contro la Ue, facendo il tifo per i partiti antieuropeisti e forse qualche cosa di più.

Continua a reprimere il dissenso interno fornendo un pericoloso modello a tutti i nostalgici dei regimi autoritari europei. Se a tutto ciò aggiungiamo che i Paesi fondatori litigano sulla politica estera in aree vitali per gli approvvigionamenti energetici – vedi guerra in Libia – il quadro è completo. Alla Der Leyen sicuramente non mancheranno le preoccupazioni. Ma il punto è che non dovrebbero mancare neanche ai governi europei, ai quali non può sfuggire il fatto che trattare isolatamente uno per volta con i giganti planetari è una strategia alla lunga perdente. L’Eu è un quarto incomodo che nessuno vuole vedere crescere, che dovrebbe sforzarsi di raggiungere un livello minimo di unità, almeno nei rapporti con l’estero, utile a farsi percepire come protagonista.

Per il momento così non è e quando si sente parlare di motore franco tedesco o di Europa a più velocità si comprende quanto difficile sia il cammino. Uniti nella diversità è giusto ma uniti.