Milano, finanza strabica

elaborazione grafica di Ben Bestetti, duomo di Milano bianco su cielo azzurro, in primo piano scritta: spazio Milano
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Il ministro Provenzano ha detto che in questa fase Milano prende più di quanto dia rispetto, naturalmente, ad altre fasi del passato.

Il punto forse non è questo. Milano in questi anni ha dovuto dare tantissimo ai privati, agli investitori, alle aziende estere. Più di un terzo di quelle operanti in Italia hanno sede a Milano. È un problema di concorrenza che viene giocata in modo spietato dagli investitori. Ma ha dato molto meno di altri.

Un caso su tutti, Berlino. Per attirare la Siemens a costruire un campus di ricerca, un investimento di tre miliardi di euro, un terzo, e cioè un miliardo, sarà a carico del contribuente berlinese. Lo stesso dicasi per la Tesla. Elon Musk costruirà una Gigafactory a pochi chilometri dalla capitale tedesca. Investimento di circa quattro miliardi di euro. Anche qui è stata subito recapitata una lettera al ministro delle finanze del Land del Brandeburgo per il finanziamento a fondo perduto dei progetti futuri, pari a un terzo dei quattro miliardi di euro. Tutto a carico dei contribuenti.

Torniamo a Milano. Moratti, oltre che sindaca, è stata una straordinaria venditrice. Per finanziare la costruzione della nuova Fiera vendette a un prezzo impegnativo i terreni della vecchia Fiera Campionaria. Obiettivo: finanziare i progetti per la costruzione della nuova fiera a Rho Pero. Dei quattro grandi investitori iniziali, causa anche la crisi del 2008, ma anche l’esoso prezzo di acquisto, solo due sono sopravvissuti: Generali e Allianz. Le due società assicurative hanno riempito l’area di grattacieli.

Certo a Monaco di Baviera le cose erano andate in modo diverso, perché l’area della fiera fu trasformata in un parco. Monaco però non fa testo perché è una città molto ricca. La sindaca Moratti aveva anche ottenuto che gli oneri di urbanizzazione andassero a finanziare la costruzione di un Museo di Arte Contemporanea. Era un ragionevole cambio merci,  ma poi è arrivato il sindaco Pisapia, che ha preferito una destinazione sociale delle risorse cancellando i progetti per il Museo d’Arte Contemporanea.

Due conclusioni. Milano ha messo a disposizione degli investitori, soprattutto stranieri, un sistema di eccellenze, dal sistema educativo alla rete infrastrutturale, tutti costruiti e pagati dai cittadini contribuenti. Secondo come, nel caso della Biblioteca Europea, anch’essa cancellata, e del Museo d’Arte Contemporanea, ecco due esempi in cui l’ottica produttivistica immediata ha avuto ingiustamente la meglio sui progetti futuri a lungo termine.

Il sindaco Sala farebbe meglio ad accorgersene in previsione di un secondo futuro mandato.