Corrado d’Elia, i mostri che sono in noi

Corrado d’Elia, i mostri che sono in noi

L’arco temporale che separa Hermann Melville (1819- 1891) e Corrado d’Elia (Milano,1967) è superiore a un secolo. Ma ad accomunarli è un nome, Moby Dick. Il celeberrimo testo dello scrittore americano è la fonte d’ispirazione per Io, Moby Dick, libro che l’attore e drammaturgo d’Elia ha pubblicato presso le Edizioni Ares e ha presentato lo scorso giugno nel “suo” Teatro Litta di Milano.

Per la sua nuova impresa l’autore non a caso sceglie un capolavoro della letteratura nel quale vi è il tutto e il nulla dell’uomo: le corse verso l’impossibile, spesso vane, il senso del dominio e l’uso improprio del potere, l’ebbrezza che ne deriva, l’attrazione per ciò che non si può possedere, il tormento del desiderio. 

L’uomo ei suoi tormenti

Corrado d’Elia, i mostri che sono in noi
Corrado d’Elia in una foto di scena dello spettacolo Io, Moby Dick, liberamente ispirato al testo di Hermann Melville.

Una scelta lontana da interessi reinterpretativi o di riscrittura, d’Elia si ispira alla creatura mostruosa e sfuggente, all’incubo del capitano Achab, per parlare anche di sé. Il drammaturgo, che ha già portato in scena con successo la pièce Io, Moby Dick, dice molto del suo essere uomo di teatro, fantasioso, creativo, sognatore. Ma anche instancabile produttore di idee, catalizzatore di progetti, mai rassegnato di fronte ai “raccolti improduttivi” superati con la dignità di chi non alza mai la voce, ma a testa bassa continua il suo lavoro.

L’ossessione del desiderio

L’uomo è il centro del testo, universalmente rappresentato dal capitano Achab, assertivo sino all’ossessione e alla ricerca di un lontano e, forse, irraggiungibile obiettivo. È mosso dalla cieca spinta a possedere basandosi sulla propria intelligenza e sulla debolezza altrui, senza contrapposizione dialettica, in assenza assoluta di apertura all’altro.

Nel poetico, bellissimo testo di Corrado d’Elia si mette in discussione, e neanche velatamente, la figura “dell’uomo solo al comando” e si restituisce al lettore la sensazione che solo insieme ci si possa salvare. Le sconfitte sono incidenti di percorso che soltanto una mente acuta, aperta e testarda, può lasciarsi alle spalle.  Le cadute sono occasioni di riflessione per l’uomo, il cui fuoco interiore non deve mai sopirsi. Tutto ciò in assenza di pensieri malati che, come in Io, Moby Dick, portano alla sublimazione della figura del capitano in quella del mostro marino. Dunque, la fine per tutti, a cominciare dalla balena.

Corrado d’Elia e il potere della cultura

Fondatore del Progetto Teatri Possibili, poi del Teatro Libero ed infine della Compagnia che porta il suo nome, Corrado d’Elia “animale da palcoscenico”, non smetterà mai di credere nella cultura e nel benefico potere di aggregazione che da essa si sprigiona. Non si abbatterà di fronte ai muri, non verrà risucchiato dalle spinte all’omologazione, e continuerà a cercare e trovare. Un messaggio trasparente di speranza. Per tutti.

Io, Moby Dick di Corrado d’Elia, Edizioni Ares, pp 160, euro 14.

Di Corrado d’Elia, il 14 luglio prossimo sarà riproposta la sua opera teatrale Io, Ludvig van Beethoven. nella cornice del Castello Sforzesco di Milano.

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